
La giornata si preannunciava buona.
«Almeno questo!» pensava Eugenio ancora assonnato guardando il cielo stellato. Procedeva al fianco di Giuseppe con le mani occupate dalle damigiane vuote. Il sentiero passava in mezzo al bosco e la casa si faceva sempre più lontana.
Giunti al fiume non fecero fatica ad attraversarlo grazie al guado; dopo ancora pochi passi, raggiunsero un capannello di persone che chiacchierava animatamente.
«Buongiorno» disse Giuseppe rivolto al gruppetto.
«Oh, eccovi qua. È da un po’ che vi aspettiamo» fece uno degli uomini bonariamente.
Quello per comprare l’olio, era un viaggio lungo e talvolta potevano presentarsi degli imprevisti, quindi si andava in gruppo.
Tutti insieme, iniziarono a camminare diretti alla stazione dei treni.
«Avrò fatto questo viaggio almeno un centinaio di volte» disse l’uomo più anziano rivolto a Eugenio.
Il ragazzino appariva talmente inquieto che l’uomo si era sentito in dovere di rassicurarlo. «Conosco bene la strada, staremo attenti!».
Arrivati alla stazione, si informarono col capotreno su quale fosse il convoglio che si sarebbe diretto verso la loro meta.
«Salite su questo, signori, partirà fra quindici minuti, ma difficilmente troverete posto a sedere» fece questi, squadrandoli con autorità. «E non dimenticate di pagare il supplemento per quelle» fece poi, indicando le damigiane.
Dopo un po’ di attesa, il treno partì e, come preannunciato dal capotreno, Eugenio e Giuseppe dovettero rimanere in piedi, poiché tutti gli scompartimenti erano molto affollati.
Il viaggio proseguì con tranquillità; ad ogni città si effettuava una piccola sosta per far scendere e salire dei passeggeri. Eugenio aveva l’impressione di volare a quella folle velocità che nessun mezzo, all’epoca, riusciva ad eguagliare.
Il paesaggio era stupendo: le dolci colline, tinte di un verde brillante mozzafiato, declinavano verso il mare splendente nei raggi del sole. Nonostante non potessero sedersi, Eugenio e Giuseppe potevano godersi quel bellissimo panorama, dando una sbirciata dai finestrini e dimenticando per un attimo che quello non era un viaggio di piacere.
Savona. Una grande stazione alla quale molta gente si affrettò a scendere, lasciando alcuni posti vuoti.
Giuseppe afferrò le sue damigiane spostandosi verso i sedili, seguito a ruota da Eugenio.
«Dannazione!» esclamò il maggiore, bloccandosi di colpo.
Una marea di gente era appena salita, riempiendo nuovamente tutti i posti. I due fratelli non erano stati abbastanza veloci da accaparrarsi una seduta e, perciò, si rassegnarono a rimanere in piedi.
Il viaggio parve durare in eterno, ma finalmente giunsero alla stazione di Oneglia. Giuseppe fece cenno a Eugenio di seguirlo e, raccolte le damigiane, i due raggiunsero i compagni che li attendevano sulle banchine. Senza troppe cerimonie, la comitiva si mise in marcia. L’uomo che li guidava tra le viuzze della città, con sicurezza e senza nessuna incertezza, si avviò verso l’aperta campagna. Il giovane Eugenio osservava con curiosità tutto ciò che lo circondava e non poteva fare a meno di notare quanto fosse diverso da ciò a cui era abituato.
CONTINUA…




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