
by Marisa Salabelle blog di Marisa
Pia Pera, io non l’avevo mai sentita nominare, fino a cinque, sei anni fa, quando, durante le mie esplorazioni in biblioteca, mi imbattei nel suo libro Al giardino ancora non l’ho detto. La prima cosa che notai fu il nome, che mi fece sorridere. Santo Dio, chi è che chiamandosi Pera può decidere di chiamare sua figlia Pia? T’amo, Pia Pera, mi veniva spontaneo alle labbra. Certi genitori dovrebbero pensarci, prima di appioppare ai figli nomi che li renderanno bersagli dei compagni di scuola. Mi giravo e rigiravo in mano il volume, incerta. Quel titolo mi sembrava un po’ melenso. Ancora non sapevo, nella mia ignoranza, che si trattava di un verso di Emily Dickinson. Ma insomma, anche lei, la vecchia Emily! Con quei suoi capelli raccolti, il nastrino al collo, la sua idea di far indossare sciarpe agli aceri e gonne ai prati.
Comunque il libro alla fine l’ho preso, ed è stata una rivelazione. Pia, malata di SLA, racconta le fasi della sua malattia, che affronta nella casa di campagna dove vive, nei pressi di Lucca, circondata da un giardino che è tutta la sua vita. Man mano che la malattia si aggrava e la rende invalida, è costretta a rinunciare alle amate attività di giardinaggio, a scavare buche, sistemare piantine, potare rami, raccogliere frutti. Continua a uscire appoggiandosi a un bastone, poi a due bastoni, poi a un deambulatore: quando tutto questo non basta più è costretta a usare una carrozzina, fino a che, da ultimo, non le resta che osservare da lontano, al riparo di una veranda, il suo amato giardino, ora accudito da un giardiniere, senza ancora aver trovato il coraggio di dirglielo, al giardino, che presto morirà. È un libro certo non allegro, ma non è deprimente, non è disperato, perché comunque Pia trova in sé e attinge dalle piante tanto amate la forza di accettare la malattia e quello che comporta. È un libro commovente, ma non manca di umorismo e di leggerezza.
Di recente ho letto Due vite, di Emanuele Trevi, un libriccino sottile, che è entrato nella dozzina degli aspiranti allo Strega. Trevi racconta con molta delicatezza due persone cui lo legava una profonda amicizia: Rocco Carbone e, appunto, Pia Pera. Ci sono, in quel volumetto, alcune foto che ritraggono i tre, giovanissimi, negli anni ’70 del Novecento. Ora sia Rocco che Pia sono morti e non resta che Emanuele, al quale auguro di vincere lo Strega, a rendere testimonianza.
Stamattina, infine, ho finito di leggere Apprendista di felicità, un libro del 2019 in cui la direttrice della rivista Gardenia, su cui Pia ha pubblicato per dieci anni un articolo al mese, ha raccolto tutti quei brevi testi, che parlano di tutto e di niente: del giardino, dell’amore per le piante, dei libri, del passare delle stagioni, con una delicatezza, una gentilezza e una profondità straordinarie, e con una lingua meravigliosa.




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