
Quest’anno il tema di Dialoghi sull’uomo, la più importante manifestazione culturale che si svolge ogni anno a Pistoia, era «Altri orizzonti: camminare, conoscere, scoprire». Al di là del tono un po’ pomposo e retorico dell’enunciato, un tema indubbiamente interessante. E hanno partecipato persone interessanti, da Paolo Rumiz a Claudio Magris a Elena Cattaneo e molti altri. È una bella iniziativa, questa, arrivata alla sua dodicesima edizione, anche se alcuni, non a torto, criticano il fatto che si tratti di un “format” che si replica con poche varianti in altre sedi (vedi il Festival della mente di Sarzana e altre analoghe kermesse), che poco ha a che vedere con la città che lo ospita, risultando un po’ calato dall’alto. Io raramente lo frequento, e il motivo principale sta nel fatto che bisogna comprare i biglietti per i vari eventi con un certo anticipo, e io sono poco incline a una programmazione minuziosa del mio tempo. Questa è la ragione per cui vado poco anche a teatro. Così l’altro giorno, passando da piazza del Duomo, ho visto che Rumiz, Vanoli, Duccio Demetrio erano esauriti, per non parlare di Neri Marcorè (e sì, come del resto si intuisce dal nome, i Dialoghi sono abbastanza maschili, anche se qua e là piazzano una donna tanto per depistare i sospetti). Restava posto, però, per Emanuele Trevi e mi sono prenotata. Trevi è uno scrittore che conosco poco, ho letto solo Due vite, che mi è piaciuto molto; avrebbe parlato di viaggi iniziatici con Marco Aime, quindi perché no.
Quando sono uscita di casa non pioveva, ma il cielo era nero, comunque niente paura, perché l’evento si sarebbe tenuto dentro un grande gazebo.
Ci eravamo appena accomodati dentro, mascherati, igienizzati, identificati, controllati e greenpassati, e la conversazione tra i due sul palco era appena iniziata quando le cateratte del cielo si sono aperte e una pioggia scrosciante si è abbattuta su di noi, picchiando rumorosamente sul tetto del gazebo e azzerando completamente il suono delle parole dei due oratori. I commessi hanno sigillato tutte le aperture e piano piano la struttura ha cominciato a ondeggiare e alzarsi da terra, man mano che le acque si innalzavano. Beccheggiando e ondeggiando la grande arca plastificata si lasciava trasportare dalla corrente: all’interno, nessuno fiatava, tanto il rumore della pioggia non avrebbe permesso di sentire una parola. Dopo qualche tempo il diluvio è cessato, qualcuno ha sbirciato fuori attraverso le fessure tra le pareti del gazebo e con sorpresa ci siamo accorti di trovarci in cima al campanile, che emergeva da una vasta distesa d’acqua. Il tetto dell’arca si è scoperchiato, una colomba è entrata con un rametto d’ulivo nel becco, Marco Aime ed Emanuele Trevi sono incappati in una corrente ascensionale e e si sono innalzati nel cielo orami sgombro di nuvole fino a diventare due puntini microscopici e un coro di angeli si è levato provocando la commozione generale. Gli unici che non si sono fatti vedere sono stati i due liocorni.




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