
By Pina Bertoli ilmestieredileggereblog
Filadelfo Simi, pittore tardo macchiaiolo, nacque a Levigliani ( Lucca) nel 1849. Diplomato all’Accademia di belle arti di Firenze, nel 1874 Filadelfo Simi si reca a Parigi dove frequenta lo studio di Jean-Léon Gérôme, assieme ad artisti come Bastien Lepage e Dagnan Bouveret.

Nel 1876 visitò la Spagna in compagnia del pittore americano Albert Wiel con il quale condivideva l’interesse per l’orientalismo di stile moresco. Nel 1878 si reca in Umbria nel paese di Papigno dove si trattiene per diversi mesi, ospite del Parroco. Le caratteristiche del paesaggio, straordinariamente ricco di vegetazione, la Valle del fiume Nera, con la Cascata delle Marmore già dal secolo precedente erano stati uno dei centri propulsori della fortunata stagione dei Plenaristi, pittori europei che tra il 1700 e il 1800 dipinsero le bellezze di questa area geografica, come fece J. B. Camille Corot. In Umbria Simi realizza alcuni capolavori in una sorta di ritiro spirituale prima del definitivo ritorno in Toscana. La Val Nerina rimarrà nel suo cuore, tanto da perpetuare il ricordo di quei momenti dando il nome di Nerina alla figlia.

In seguito vive tra Firenze, ove insegna alla Scuola di Nudo dell’Accademia, e Stazzema dove compone le sue opere di maggior rilievo, acquisendo fama internazionale. Il fraterno sodalizio con i fratelli Giorgini, industriali del marmo, lo impongono anche come scultore: degna di ricordo è la statua di Garibaldi ed Anita a Porto Alegre.
Nel 1878 espone al Salon la tela Sera d’inverno nella foresta di Fontainebleau con la quale parteciperà anche, nel 1880, alla Prima Esposizione Internazionale di Firenze. Nel capoluogo toscano diventa uno dei membri più attivi del Circolo Artistico cittadino, partecipa a diverse Promotrici e nel 1882 propone ventisei opere in una personale all’Accademia Regia. La consacrazione definitiva avviene nel 1887 in occasione dell’Esposizione Nazionale a Venezia, con la tela Un riflesso acquistata dal Governo italiano per la Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma.
Simi viene definito da molti, all’epoca, macchiaiolo, post-macchiaiolo, quattrocentista ma, in realtà, nella sua ricerca pittorica si attiene principalmente al vero, senza troppe distinzioni, creando piuttosto un proprio stile individuale che viene molto apprezzato all’epoca.


Nel 1888 si sposa con Adelaide Beani di Seravezza, da cui avrà due figli, Renzo, pittore e critico d’arte nonché insegnante di lettere classiche, e Nerina – in arte Nera – la più importante allieva e seguace dell’arte paterna. Ottiene varie onorificenze all’Esposizione Universale di Parigi del 1889 e nel 1905 è di nuovo alla Promotrice di Firenze per una personale.

Con dedizione si impegna anche nell’insegnamento, raccogliendo intorno a sé un selezionato gruppo di studenti. La sua Scuola in via Tripoli, angolo piazza Piave, a Firenze, raccoglieva allievi internazionali e colleghi quali Telemaco Signorini e Giovanni Fattori. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1923, la Scuola proseguirà con grande successo grazie all’impegno e alla perizia dell’artista e figlia, Nera Simi.

Lo Studio che Filadelfo Simi fece costruire su suo progetto a Stazzema, in Alta Versilia attorno al 1890 è giunto a noi pressoché intatto, sia nelle strutture murarie che in molti arredi. Qui il pittore trascorreva lunghi periodi di tranquillità alternati a quelli più intensi della vita fiorentina, e vi trovò ispirazione per molti dei suoi capolavori. Trasferì in essi i paesaggi, i modelli e le situazioni dell’ambiente paesano contadino, in linea con le tendenze macchiaiole della pittura all’aria aperta.

Nella produzione di Filadelfo Simi il tema degli affetti e della vita familiare ha sempre avuto un importante risalto. L’omaggio che rese ai genitori con la stesura del famoso dittico, trova eco negli innumerevoli ritratti della moglie dei figli, nonché nelle opere dell’ultimo periodo, dove le scene di vita familiare quotidiana diventano un tema ricorrente.

Il dittico dei genitori risale al 1886, quando Simi aveva 26 anni, e attraverso la posa solenne della madre, e quella più pragmatica del padre, riesce ad andare ben oltre la perfezione tecnica della tela conferendo ai soggetti un alone di spiritualità. Volle, rifacendosi al dittico dei Duchi di Urbino di Piero della Francesca, riproporre una “coppia regale”, legata in un’unica cornice. Fu Pietro Annigoni a dividere il dittico in occasione della mostra del 1958, presentando le opere separatamente: la madre Angiolina “composta in una solennità da quattrocentista è percorsa da una commovente affettuosità, con quelle mani che paiono rendere palese, da parte del Pittore, il desiderio di baciarle con venerazione”, come ebbe a scrivere Annigoni. Analogamente, le mani sono il fulcro del ritratto del padre: “Le più belle mani di tutta la pittura dell’800’, come ebbe a definirle Riccardo Bremer, sono a sistemare un ingranaggio, una ruota dentata.

Lorenzo Simi, il padre, era verosimilmente alle dipendenze dell’Ingegner Angelo Vegni, lo stesso imprenditore del settore del marmo che, in qualità di mecenate, sosterrà gli studi parigini di Filadelfo con Jean Leon Jerome – considerato allora Maestro dell’insegnamento Accademico e del Neoclassicismo francese – e supporterà Filadelfo al suo rientro in Italia, fino a concedergli un lascito testamentario.

Da ricordare la retrospettiva del 1958 a Firenze, fortemente voluta da artisti ed estimatori di Simi, come Pietro Annigoni che ne presentò il catalogo.
Alla Galleria d’arte Moderna di Palazzo Pitti, Firenze, sono esposte le opere:
- Bice: Iridescenze della madre Perla
- Studio di paese
- Ritratto della madre
La Banca di Credito Cooperativo della Versilia, con sede a Pietrasanta, ha allestito un’importante collezione delle opere dell’artista e della figlia nei locali della banca stessa.






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