Ciao Marisa, grazie per la tua disponibilità.
Susanna Rosso, la protagonista del tuo libro “La scrittrice obesa” è riuscita, nonostante la mia ritrosia verso i personaggi “inventati”, a conquistarmi totalmente e ad incuriosirmi su quello che è il tuo senso per lo scivere ed il tuo modo di creare.

1) Leggere è imparare. Quindi Scrivere è insegnare?

Certamente leggere è imparare: la lettura ci permette di apprendere nozioni, di visitare luoghi, conoscere situazioni, ma anche di approfondire la conoscenza della psicologia umana immedesimandoci nei personaggi letterari e di affinare il nostro pensiero. Tuttavia, quando si tratta di letteratura (e non di manuali scolastici o di testi scientifici) non credo che chi scrive “insegni”. Chi scrive, io penso, riversa nelle sue opere la sua esperienza, la sua fantasia, la sua concezione della vita, ma non insegna, al massimo condivide. Per quanto mi riguarda, ho insegnato nella scuola per tutta la mia vita, e quando scrivo sento di non voler insegnare nulla, solo mettere a disposizione di chi è interessato le storie che ho da raccontare.

2) Creare una storia (ambientazioni, situazioni, personaggi) è più un mettersi una maschera o gettare la maschera?

Direi entrambe le cose. Quando crei una storia metti in gioco la fantasia ma metti in gioco anche te stessa. Ho in mente un personaggio: nasce in un angolo della mia mente, piano piano la mia immaginazione lo plasma, fino a che non è pronto per diventare protagonista di una vicenda. In quel personaggio ci sono sempre io, in modo mascherato, sotto le sembianze di una donna più giovane o più anziana di me, di una ragazza, di un uomo. Le sue avventure sono una rielaborazione di vicende che ho vissuto o che ho sentito raccontare, e così via. Quindi da un lato mi propongo sotto mentite spoglie, d’altro lato però posso esprimere pensieri, stati d’animo che forse non oserei rivelare in maniera più esplicita.

3) Cosa c’è di te della personalità dei personaggi che crei e c’è qualcosa della loro che resta in te? Cerco di spiegare meglio la seconda parte; ti è mai capitato, ad esempio, anche in maniera divertente, di trovarti a pensare, agire o rispondere, come avrebbe fatto un tuo personaggio?

Io appartengo a quel genere di scrittori che “parlano sempre di sé”. Con questo non voglio dire che scriva memoir o autofiction: scrivo storie di finzione dietro le quali, però, sono sempre io che mi nascondo e mi svelo al tempo stesso. Un po’ come dice Flaubert: Madame Bovary c’est moi. In particolare, leggendo in filigrana i miei romanzi è possibile ritrovare la mia infanzia e la mia giovinezza, le persone che mi sono care, i luoghi dove ho vissuto, il tutto in qualche modo reinventato, rielaborato. Per come la vedo io, l’autore attinge alle sue esperienze ma ha il compito di trasformare ciò che è personale in qualcosa di universale, in cui qualsiasi lettore possa riconoscersi. Qualsiasi storia merita di essere raccontata, qualsiasi storia può avere un suo pubblico, ma il lavoro dello scrittore, o della scrittrice, è quello di uscire dalla realtà materiale, nuda e cruda, dei fatti (la dicitura “una storia vera” o, peggio ancora, “tratto da una storia vera” che si ama apporre a certi romanzi come una medaglia al merito mi ha sempre infastidito) per attingere a una “verità” più profonda, capace di raggiungere il cuore dei lettori e delle lettrici.     

Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, mi capita a volte di pensare a come reagirebbe Susanna, la protagonista del mio ultimo romanzo e uno dei personaggi in cui maggiormente mi identifico, in determinate situazioni. Susanna Rosso, la Scrittrice obesa, è un’aspirante letterata che crede molto in se stessa e nel proprio valore ma che non riesce a ottenere riconoscimento per quello che considera il suo grande talento. Nessuno pubblica i suoi romanzi, nessuno le dà ascolto e la poveretta si consola (o meglio, si deprime più che mai) ingozzandosi di cibo spazzatura. Susanna è un po’ una me stessa molto sovraccarica, un personaggio volutamente grottesco, e per mia fortuna io non sono come lei, ma certe volte mi succede, quando leggo un libro molto osannato e premiato, ma che secondo me vale poco, di immaginare la reazione di Susanna e le parole infuocate che lei rivolgerebbe all’autore o all’autrice…

3 risposte a “TR3 – Risponde Marisa Salabelle”

  1. […] TR3 – Risponde Marisa Salabelle […]

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  2. Condivido tutto quello che dici a proposito di scrittura e lettura. E anche quando dici “l’autore attinge alle sue esperienze ma ha il compito di trasformare ciò che è personale in qualcosa di universale, in cui qualsiasi lettore possa riconoscersi”: credo che il successo di un’opera letteraria stia proprio in questo, cioè nel fatto che ciascun lettore trovi qualcosa che lo riconduce alla sua esperienza, o alle persone con cui è stato in contatto, cose che ha sentito o vissuto direttamente.

    Che poi il successo arrivi tardivo, come nel caso di Susanna, purtroppo accade … ma le opere restano, quando valgono.

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  3. Sono d’accordo con te quasi tutto Marisa. Lavorare sul personaggio è lavorare sulle storie che hai vissuto e che ti nutrono, ma la creatività ti allontana dalla sceneggiatura. Grazie per l’intervista. Molto bene. Saluti Juan re crivello

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