Stamattina l’aria
è una granita sorbita troppo rapidamente
le cime rosse del sole crescente
di settembre
paonazze come quindicenni
e il paese, deposto grigio,
ancora sotto le coperte.
Assenzio ovunque, crespino
cammino riverenziale
senza tuttavia soffermarmi.
Questo verde lussuoso
di tonalità ancora primaverili.
E il sole
attraverso uno spioncino
l’occhio che si stropiccia
di tanto lavoro davanti e dietro.
Improvvisamente prendo coscienza
di un’ombra furtiva e ridanciana
che mi segue sul mio lato sinistro
in barba all’inclinazione del sole
e alla precisa geometria dei suoi raggi.
La sento correre e nascondersi e indietreggiare
mentre conto le vene gonfie e pulsanti
del sentiero.
Io che a vedermi
mi riconosco nello strumento ligneo
dei rabdomanti
manipolata per fini d’acqua puntando il suolo
pronta a recepire e tradurre il flusso
avendolo testato in prima persona.
Sai quanti lupi ho visto e vedo
che non mi dicono per mangiarti meglio bambina mia?
Avallati dagli avvallamenti del mio campo visivo
non scantonano più, restano nel sonno profondo
perché non disturbo, se non l’universo.
(La rugiada lubrifica
incita e invita nell’eccitazione del mio
essere leggera
sulla traccia perlacea del camminamento.)
Quanto stride il nylon dei miei vestiti
su questo tappeto di bosco
un modernariato per il quale
non provo interesse
a parte l’utilità relativa al movimento.
Stridono volatili di settembre
ma loro per natura, e bene.
La suggestione di formicai franati
fra i capelli dei prati scoscesi.
La suggestione dell’intendere
finendo col portare tutt’altro
perché il buono irradia e spenge
le proliferazioni più deleterie-
talvolta.
Il mattino di settembre che disimbruna
e il farsi scoglio ultramarino
della mia fronte afferrata a stagioni
sempre più rarefatte.
Il concetto è un dopodomani che si diluisce
e al tempo distilla
nello stare disallineato
delle cose reali e disponibili.
Io che tocco il ginepro
con lo sguardo
e colgo il razziare i cieli di velivoli secondari
mentre non ricordo il mio corpo
fra spini e rameggiare.
Da dove viene il respiro
acceso delle erbe, tu chiedi
senza chiedere e pertanto ottenendo
carezza.
[ BlogLink: Greta Rosso ]





Lascia un commento