Ciao Felicitas, grazie per la tua disponibilità.
1) A volte credo che la scrittura sia come divisa in due rami: quello più istintivo, come alla ricerca di metabolizzare un accaduto, e quello più razionale, come atto conseguente alla metabolizzazione di un accaduto.
Qual è il tuo metodo di scrittura?
Penso che questi due rami non siano in contrasto, né tantomeno separati. Un autore può scrivere poesie o testi narrativi in un senso o nell’altro, a seconda del momento della sua vita in cui si trova.
Nel mio caso particolare, nonostante scriva sempre per emozione e sentimento, mi inserisco maggiormente nella seconda. Le storie che scrivo sono per lo più finzione, anche se è vero che in molte occasioni traggo ispirazione da esperienze o eventi che ho osservato. Altre volte sono il riflesso di vissuti, e soprattutto di quelli più intimi, di visione del mondo.
2) A presentare il tuo blog personale è questa tua frase:
“Tra la solitudine e gli applausi…scrivo.”
La scrittura allevia il sentimento di solitudine o lo amplifica?
Si è sempre parlato della scrittura come di un’arma terapeutica per le persone con malattie dell’anima. La solitudine può essere alleviata scrivendo e mettendo nero su bianco ciò che ci tormenta. Ma la mia affermazione non era in questo senso. Con quella frase voglio esprimere che è scritta nella solitudine, necessaria ed essenziale, almeno per me. Non riesco a scrivere circondata dal trambusto. Ho bisogno di immergermi nella storia. La porto in tasca ovunque vada.
Credo che “lo scrittore”, in poche parole, spogliato di ogni aggettivo, debba rendersi invisibile affinché i suoi personaggi possano brillare. Scomparire affinché i suoi protagonisti siano coloro che abitano il suo spazio. Morire un po’, svuotarsi in ciò che si scrive affinché la storia batta e i personaggi vivano. Sarà morso dalla solitudine, dalla solitudine fredda e discussa dello scrittore. Deve abbracciarla e poi resuscitare e tornare in vita con l’aiuto dei suoi personaggi. Lo scrittore, allora, si riempirà di nuovo, sentirà di nuovo, vivrà e darà vita ad un’altra storia.
3) E gli applausi?
Affermare che non si scrive per farsi leggere sarebbe non dire la verità. Sottolineo però il fatto che, sebbene sia molto piacevole e soddisfacente vedere elogiato ciò che si scrive, essere applauditi, non bisogna fermarsi a questo.
Un grande scrittore spagnolo Julio Llamazares afferma che “È uno scrittore, uno che continuerà a scrivere anche se non pubblica”. Non potrei essere più d’accordo. Lo scrittore è colui che ha quel bisogno impellente indipendentemente dal fatto che venga letto, pubblicato o meno.
Gli applausi… sono qualcosa di effimero, un istante, un bagliore, certo molto gratificante e necessario come impulso, ma lo scrittore non può soffermarsi a lungo su di essi. Possono offuscare la ragione e disturbare l’immaginazione, facendo crescere troppo l’ego a scapito dell’ingegno creativo.
Queste sono le ragioni per cui affermo che noi che scriviamo dobbiamo muoverci nello spazio tra la solitudine e gli applausi.





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