Gli scritti epistolari di Procopio ed Enea di Gaza svolgono un ruolo essenziale nel rivelare i gusti, le aspettative e i valori morali dei membri della scuola retorico-filosofica che fiorì nella città palestinese tra il V e il VI secolo. L’uso delle convenzioni letterarie delle epistole tardo-antiche e il tentativo di trasmettere una personalità non oscurano completamente la sfera privata di Enea e Procopio, che emerge dalle loro corrispondenze. In particolare, alcune lettere dirette a Diodoro, avvocato e amico comune ad entrambi gli autori, ci permettono di comprendere i complessi legami tra i sofisti cristiani di Gaza.

La Scuola di Gaza rappresenta uno degli ultimi momenti di fioritura della cultura greca in Palestina prima della conquista musulmana del 637. Grazie alla sua ubicazione geografica, la città di Gaza conobbe una notevole prosperità nell’antichità grazie al commercio di grano, vino, argento e spezie. Inoltre, fu un crocevia di popoli e culture diverse. L’ellenizzazione della classe dirigente avvenne con la conquista di Alessandro Magno nel 322 a.C. Con l’avvento del Cristianesimo e la dominazione romana nel 63 d.C., nuovi elementi si aggiunsero al panorama socio-culturale già complesso. Le tensioni tra pagani e cristiani furono violente fino all’inizio del V secolo, quando furono chiusi definitivamente i templi pagani e vietati i sacrifici alle divinità antiche. Tuttavia, a partire dal IV secolo, diverse comunità monastiche si insediarono nelle zone desertiche circostanti.

Il sesto secolo segnò l’apice della storia di Gaza. Il retore Coricio, attivo nella metà del secolo, descrisse Gaza come una città prospera con uno stile di vita elevato, affollata da turisti e pellegrini attratti dalle sue meraviglie artistiche. La principale attrazione, però, rimaneva la scuola retorico-filosofica, che continuò a prosperare anche dopo la chiusura dell’Accademia di Atene nel 529. Questo successo potrebbe essere attribuito alla fama di intellettuali come Procopio e Coricio, nonché alla capacità di Gaza di favorire l’integrazione tra il Cristianesimo e la cultura classica, una sinergia sostenuta dagli imperatori bizantini del periodo.

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