Moltissime persone, tra cui scrittrici e scrittori, amano il caffè come luogo d’elezione per la scrittura. Ma non solo loro: pittori, filosofi, musicisti, attori, artisti di ogni genere ne sono stati da sempre frequentatori e spesso ne hanno fatto il soggetto delle loro opere.
Sarà l’atmosfera, sarà il via vai, sarà la facilità di aggregazione e la disponibilità delle consumazioni, insomma i caffè hanno esercitato e tuttora esercitano un fascino imperituro. Negli ultimi anni, soprattutto nelle grandi città, sono tornati di moda i caffè letterari, e ne fioriscono in continuazione, almeno, per quel che vedo a Milano.

Si tratta di una tradizione culturale e di aggregazione che arriva da lontano nel tempo. Il caffè letterario nasce in Francia tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, per poi diffondersi e prendere piede in tutta Europa, anche in Italia, dove divenne il simbolo dell’Illuminismo, del Risorgimento e della modernità. I Caffè Letterari divennero ritrovo e simbolo della cultura borghese. Nei caffè letterari si incontravano scrittori, filosofi, artisti e politici, che discutevano di letteratura, arte, filosofia e politica. Nei caffè letterari si creavano le idee che hanno cambiato la storia, si faceva anche propaganda per alcuni movimenti delle Avanguardie artistiche, le quali videro la nascita e l’evoluzione in parallelo alle correnti filosofiche.

In tempi più recenti, nei caffè letterari ad esempio nel dopoguerra della ricostruzione, gli intellettuali amavano riunirsi in questi salotti all’aperto e laboratori di idee, progetti, umanità, divertimento.

Parigi è la culla in cui nacquero questo tipo di caffetterie, che mossero i primi passi nei vari paesi in giro per l’Europa, fino a diffondersi ovunque. Guillaume Apollinaire, Simone de Beauvoir, Jean-Paul Sartre o Jacques Prévert erano soliti ritrovarsi nei caffè che diventavano i loro uffici, redazioni, vere e proprie seconde case. Ai loro tavolini ricevevano amici, scrivevano romanzi, fondavano movimenti, ricreavano il mondo.

Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir erano soliti sedersi ai tavolini del Café de Flore di Parigi fin dalle nove del mattino; vi rimanevano fino alle otto di sera, a chiacchierare, incontrare amici e scrivere. Anche il romanziere e saggista americano James Baldwin, che visse a lungo a Parigi, amava il Café Flore.

La Rotonde, a Montparnasse, era frequentato da artisti come Picasso e Modigliani; Le Dome, sempre a Montparnasse, frequentato da Picasso e Modigliani, oltre a Ezra Pound, Robert Capa, Ernest Hemingway, Henry Miller, Khalil Gibran, Paul Gaugain, Jean Paule Sartre.

Edgar Degas, Dans un café, 1876

Guarda caso, proprio a Milano, nel giugno del 1764 Pietro Verri fonda la rivista Il Caffè: il nome della testata è scelto per via del rilevante fenomeno della diffusione delle caffetterie come luoghi dove si parla di cultura.

E infatti non mancano i più noti caffè italiani: il Gambrinus a Napoli, caffè prediletto di Gabriele D’Annunzio, che accolse Jean Paul Sartre, Ernest Hemingway, Oscar Wilde, Benedetto Croce, Totò; il Grancaffè Quadri a Venezia, salotto di intellettuali, frequentato da Stendhal, Lord Byron, Alexandre Dumas, Richard Wagner, Marcel Proust; e naturalmente, sempre a Venezia, il Caffè Florian, a cui si rivolgevano Carlo Goldoni, Ugo Foscolo, Giacomo Casanova, Lord Byron, Silvio Pellico, Charles Dickens, Gabriele D’Annunzio, Goethe, Jean-Jacque Rousseau, Modigliani, Proust.
E poi l’l’Antico Caffè Greco a Roma, il Caffè Fiorio a Torino, il Caffè Pedrocchi a Padova, il Caffè Pirona, a Trieste, frequentato da James Joyce (che qui iniziò a scrivere il suo Ulisse), Italo Svevo e Umberto Saba, il Caffè Biffi a Milano il Caffè Giubbe Rosse a Firenze che divenne il centro del movimento Futurista, ospitando tra gli altri Marinetti, Boccioni e Carrà.

In Spagna le tertulias – circoli letterari informali – si riuniscono in locali come il Café Gijón di Madrid. E come dimenticare La bodeguita del medio, nel cuore dell’Havana, Cuba? Era il bar preferito da Hemingway, divenuto meta fortunata di scrittori, artisti e gente qualunque, da Gabriel Garcia Marquez a Pablo Neruda. Al The Elephant House a Edimburgo J.K. Rowling ha iniziato a scrivere la saga di Harry Potter. Il Vesuvio Cafè a San Francisco fu il preferito di Jack Kerouac, Dylan Thompson e Allen Ginsberg.

foto di Andrew Sides

Ma lasciatemi essere un po’ nostalgica: come non parlare del famoso Antico Caffè Di Simo, uno dei luoghi pucciniani per eccellenza, luogo di incontri fra letterati, intellettuali e musicisti, situato nel centro storico di Lucca, vicino a Piazza dell’Anfiteatro, al numero 58 di via Fillungo, e purtroppo chiuso ormai da tempo.

E voi che rapporto avete con i caffè? Vi piace sedervi a osservare, a chiacchierare e scrivere?

Se cercate ispirazione fate un salto a questo link

Se cercate un libro che li racconti, eccolo, edito da Il Mulino:

Sinossi: Una socialità tutta italiana Sorti sulle tracce delle coffeehouses inglesi, i Caffè italiani hanno rappresentato un’autentica rivoluzione sociale. A differenza dei salotti aristocratico-elitari, vi si poteva infatti accedere senza essere invitati, disponendo di libertà di parola e senza distinzione di genere. Spazi incubatori della nuova società borghese e della nascente nazione, luoghi di germinazione per avanguardie artistiche e cenacoli letterari, tra i loro tavoli sono maturati anche i più importanti movimenti politici che segneranno la storia d’Italia. L’itinerario considera quei Caffè storici che sono rimasti ancora tali, negli indirizzi e negli arredi: tra questi, il più antico, il veneziano Florian, il padovano Pedrocchi, il torinese Al Bicerin, il triestino Tommaseo, il fiorentino Gilli, il romano Antico Caffè Greco, il napoletano Gambrinus.

Terrazza del caffè la sera, Place du Forum, Arles di Vincent Van Gogh, 1888

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