By Gianluca Mantoani

Erano trascorse due interminabili settimane di acqua, di cielo e di mal di mare dal momento in cui il piroscafo aveva lasciato il porto bretone di Saint Nazaire, quando alcuni passeggeri pigramente appoggiati alla balaustra sul fianco destro della nave, scoprirono nella bruma, subito dopo l’alba, i profili verd’azzurri e brillanti delle isole di Barbuda e di Antigua. In poche ore, con crescendo di agitazione e di movimento a bordo, il Ville de Bordeaux, si ancorava per operazioni di servizio presso la Guadalupe che si offriva agli sguardi dei passeggeri come una sorta di perfetto diorama tropicale, composto da una moltitudine di isolette verdi, irte di banani altissimi; un numero incredibile di piccole imbarcazioni a remi che si affollava rapidamente tutto attorno al piroscafo, alcuni urlando richiami e negoziando scambi, altri offrendo passaggi a terra e proponendo ogni genere di piccolo negozio più o meno legale. In fondo, a ridosso del lido, spiccavano le bianche case in legno di Basse-Terre e dietro quelle saliva la massa montagnosa dell’isola, coperta di foresta e sovrastata dalla sommità aspra e tagliente di lava della Gran Soufriére

Appena lasciata la Guadalupe, gli ospiti di seconda e di prima classe vennero garbatamente invitati da alcuni inservienti a recarsi nelle sale ristorante per il pranzo, mentre i passeggeri di terza scendevano accalcandosi rumorosamente nei refettori, richiamati dai fischi lunghi e acuti del segnale convenuto per i pasti. Dopo mangiato, verso le nove di sera, Malagoni uscì sul ponte per fumare una sigaretta in compagnia di Guglielmo Godio, uomo eclettico, giornalista e commerciante, col quale nel corso della traversata si era spesso trovato a conversare a tavola o sul ponte e ne aveva profittato per chiedere consigli e scambiare opinioni. Godio prese la sigaretta che Malagoni gli offriva e nell’accenderla richiamò con lo sguardo la sua attenzione sullo spettacolo che si presentava davanti a loro; quindi si voltò, estrasse un taccuino dalla tasca e dimenticandosi la sigaretta accesa fra le labbra, si appoggiò alla balaustra dedicandosi a prendere fitti e minuti appunti. Erano arrivati alla Martinica; la rada era illuminata di taglio dalle poche luci accese nel porto e da quelle della nave stessa. Grande quantità di operai, uomini e donne praticamente nudi per il gran caldo, lucidi di sudore, neri di pelle e ancor più neri per la polvere di carbone, si accalcavano per caricare nei boccaporti la necessaria provvista di energia. Al ritmo profondo e lugubre di un tamburo percosso da un caposquadra si avventavano sopra i cumuli scuri ammassati sul lido, lo caricavano in grandi ceste e lo portavano nella nave; un giro dopo l’altro, senza posa. Ogni tanto qualcuno si arrestava, beveva un sorso di acquavite e poi di nuovo, al carbone, per tutta la notte.

Come le dicevo sono già stato in Africa, nel Sudan, negli Stati Uniti e poi qui, nel Caribe e ancora in America del Sud, in Venezuela e in Argentina, dove certamente tornerò. Ma ciò che più mi ha colpito, ragazzo mio, è il connubio, che solo in queste zone ho trovato, di tanta bellezza e di tanto pericolo. Come in queste isole, l’avrà notato ieri sera scendendo a terra, la superba, incantevole bellezza di queste donne, specialmente nel sangue mescolato, in queste carnagioni dorate ed è una bellezza accecante, fatta di contrasti, di energie profonde, di chiaroscuri decisi; di profumo inebriante, in molti casi fatale! Ma bisogna fare attenzione! Questo paradiso terrestre ha il suo bravo serpente mio caro Malagoni – sollevò per un momento lo sguardo dalla sua omelette e lo fissò sull’interlocutore – faccia attenzione, dico sul serio… non si cammina coi sandali nei campi di canna da zucchero, si può mettere li piede sul Trigonocefalo, che è noto per essere uno dei serpenti più velenosi del mondo e striscia dovunque, nei campi, nei dintorni delle case, perfino al loro interno, alla ricerca dei topi di cui è ghiotto. E il suo morso, badi bene, è inguaribile. - Nel dirlo, Godio guardò negli occhi il commensale, alzando contemporaneamente sia le sopracciglia che la forchetta, ancora armata del suo boccone d’omelette – …di giorno dorme nelle sue tane e la sera va in giro; i sentieri e le strade ne sono coperti e così, per tutta la notte, i serpenti trigonocefali regnano sulla bella isola della Martinica! – Appena infilata in bocca la forchetta, scoppiò a ridere, fragorosamente, con evidente bisticcio fra i pezzi di omelette, masticata, l’aria ed i denti bianchissimi.

Questo è l’articolo che ha spedito ieri non è vero? Molto efficace devo dire, le brave signore di Torino gireranno gli occhi dal ribrezzo, ne sono certo – sorrise Malagoni, per nulla infastidito dalla rumorosità del suo commensale – però c’è del giusto, lo riconosco; iersera ho avuto la percezione di trovarmi davvero in un altro mondo. Serpenti non ne ho visti, ad essere onesto, ma bellezza e desolazione quelle si, ad ogni angolo. Anche se le devo dire che giù da Mantova e da Ferrara, fra le fosse delle bonifiche, se lei va a guardare come vivono i braccianti, desolazione ne trova quanta ne vuole. Forse meno bellezza. Non lo so. Sicuramente meno caldo. Questo caldo è un lavoro in più. Sono in viaggio ormai da diversi giorni señor Godio, credo che sia quasi un mese da quando mi sono allontanato da casa, praticamente senza bagaglio per le prudenze che le spiegavo giorni fa; dapprima col velocifero postale per Modena, e poi con il treno fino a Genova. Laggiù poi mi ci è voluto qualche giorno per schiarirmi bene le idee e decidere come proseguire. Alla fine sono salito sul Perseo, un piroscafo nuovo fiammante della Navigazione Generale, ben più pulito e più moderno di questo, bisogna dire, che era diretto a Montevideo e Buenos Aires.Era il primo dicembre..”

E come l’avete sistemata col Commissario di Bordo? - Chiese Godio, con l’istinto del giornalista – Sono sempre piuttosto curiosi dalle parti della Prefettura

Lei sa meglio di me come funzionano queste cose, immagino; il terzo ufficiale, anche lui un ex garibaldino, ha trovato il modo di iscrivermi nell’elenco dell’equipaggio, pensi un po’, con la qualifica di “attore e cantante”, visto che mi piace il melodramma. In questo modo ho potuto uscire velocemente dall’Italia senza mettere il nome negli elenchi dei passeggeri. Qualche ora dopo, giusto il tempo di pranzare con un cordialissimo artigiano calabrese, un certo Pietro Crespi, anch’egli in viaggio verso il Sudamerica , abbiamo raggiunto Marsiglia e sono sbarcato. Da lì, con quattro giorni di chemins de fer, un po’ faticosamente a dire il vero, ho raggiunto il porto di Saint Nazaire, dove sono arrivato nel pomeriggio del cinque dicembre. Ricordo ancora molto bene il gran freddo e il forte vento salato che tagliava le guance. Il giorno successivo, come sapete bene, da quel porto salpavamo con il “Ville de Bordeaux” diretto a Colon, dove sembra che stiano finalmente per partire i cantieri della nuova grande impresa guidata da Ferdinand de Lesseps: il taglio del Canale di Panama. E’ lì che ho deciso di dirigermi, alla fine, anche su consiglio del signor Ernesto Cerruti che ho avuto modo di incontrare proprio a Genova, a casa di un amico comune.

Il signor Cerruti nientedimeno! - esclamò il giornalista – non si fa che parlare di lui da qualche mese fra gli italiani che si muovono fuori patria! E anche fra molti di quelli dentro i confini a dire il vero… Dunque si ritiene ancora in posizione di dare consigli? Ah è proprio formidabile quel vecchio imbroglione! E cosa le ha suggerito di preciso?

Malagoni ignorò a bella posta la domanda, versò un bicchiere di Borgogna per sé e uno per il commensale e si appoggiò allo schienale della sedia, aspirando due lunghe boccate dalla sigaretta; soffiandole poi via lentamente. Il giornalista registrò mentalmente la reticenza e riprese ad avvolgere la conversazione da un altro capo, senza insistere, “…questo piroscafo, o paquebot come lo chiamano i francesi, non è certo quel che si direbbe un naviglio di lusso, ha ragione, sicuramente non è il Perseo che dispone addirittura di frigoriferi elettrici e che ho provato anche io in occasione del viaggio inaugurale fra Genova e Montevideo; credo fosse l’anno passato, al massimo due. Tuttavia la Compagnie Transatlantique lo usa regolarmente e con un certo successo per collegare la costa atlantica francese con i Caraibi. Cosi, per venire a me, considerando il momento febbrile ed i grandi interessi che si stanno muovendo fra queste sponde, ho pensato che fosse il posto giusto per andare a caccia di qualche buona e importante notizia. E cosi da Torino,invece che a Genova per una volta sono andato ad imbarcarmi direttamente sulla costa bretone. E non avevo torto, in effetti; la brillante società che abbiamo a bordo, le dico, potrebbe largamente ricompensare entrambi delle fatiche e dei rischi del viaggio.

Questa volta era Malagoni ad essere curioso e decise di abboccare. Perchè – chiese direttamente – chi abbiamo a bordo?


foto: retro di un menù del ristorante di bordo del piroscafo “Ville de Bordeaux“, 1886 – Frenchcollectorline

Una replica a “Immaginare / Virginia d’ij Can (5)”

  1. […] Pubblicato da Gianluca Mantoani il febbraio 8, 2024febbraio 10, 2024 Immaginare / Virginia d’ij Can (5) […]

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