«Sesso 29» era una rubrica molto stimolante, ormai comprava «Vanity Fair» solo per leggerla. Non avrebbe mai avuto il coraggio di mettere in pratica quei giochi erotici ma la divertiva molto immaginare di poterlo fare.Quello che la incuriosì di più fu il travestimento da donna gatto con tanto di manette rosa pelose e frustino. Provò ad immaginarsi chiusa in una tutina in lattice. I suoi 86 kg per 1.60 di altezza contenuti in un materiale così aderente la facevano rabbrividire; poteva vedere le maniglie dell’amore ripiegate come ciambelle a mo’ di zavorra, per non parlare dei cuscinetti adiposi appena sotto le natiche, il lattice li avrebbe delineati tanto da farla sembrare un blob pronto ad esplodere e inondare il suo povero Gianfi. Lui così magro e minuto, tutto un nervo. Erano una coppia assai strana loro due. Gianfi era colto e riservato. Lei becera e socievole. Gianfi era un salutista, seguiva una dieta rigorosa e bilanciata, si allenava regolarmente. Lei mangiava tutto ciò che si potesse definire spazzatura. Aveva sempre fame, era caffè dipendente, fumava come una ciminiera. Eppure Gianfi non le aveva mai chiesto di cambiare, di mettersi a dieta, di smettere di fumare o cose simili. Dopo il sesso, le diceva sempre: «Sei bellissima». Lei sapeva che non mentiva. Lo capiva dal trasporto con cui diceva quelle due semplici parole, dal suo sguardo languido e inerme. Lo capiva dalla piega delle labbra che s’incurvava in un timido sorriso. Ma la tenerezza di Gianfi era tutta in quella frase, perché dopo, quando si rivestiva in fretta, tornava freddo e silenzioso. La fronte aggrottata lasciava intravedere quelle due rughe fisse sopra gli occhi, due linee secche e decise come era lui. L’odioso Gianfi. Per molto tempo aveva pensato di essere vittima del suo gioco, di essersi resa disponibile ai comodi di quel piccolo uomo che a quarantacinque anni viveva ancora con l’anziana madre, le regole si erano stabilite da sole. Niente smancerie, niente promesse, niente progetti. Quando Gianfi aveva voglia o tempo di stare con lei le mandava un messaggio per chiederle se fosse libera. E tutto si consumava lì, tra quelle mura di una casa vecchia, dalle pareti ammuffite, dall’arredamento sciatto e démodé, proprio come lei. Il sesso era sempre quello alla missionaria, a entrambi non piaceva cambiare. Quando Gianfi le saliva sopra sembrava che si adagiasse su un grosso materasso. Mentre la possedeva lei trovava eccitante guardare il suo volto distendersi e assumere un’espressione libidinosa. Quando raggiungevano l’orgasmo, sempre all’unisono, lei gli graffiava la schiena e chiudeva gli occhi immaginandosi nuda e bellissima portata all’apice del godimento dal suo commercialista. Eh già, perché alla fine, quando i sensi esplodevano di piacere non era mica Gianfi che avrebbe voluto sopra. Era difficile dire chi fosse la vittima e chi il carnefice, i ruoli si erano stabiliti per mantenere un equilibrio, lei sempre remissiva e disponibile, lui scostante e opportunista. Non avevano mai parlato d’amore, in fondo nessun profondo sentimento li legava se non il bisogno di trascorrere qualche ora insieme.Le arrivò un messaggio che la distolse da quelle riflessioni.

 «Sei a casa?»

 «No. Sono dal commercialista».

Gianfi non rispose. Quel silenzio la fece sprofondare in una risata che le partiva dallo stomaco. Lo immaginò col telefono in mano, la fronte corrucciata e quelle due ingombranti rughe a segargli la faccia; le labbra serrate e lo sguardo carico di disappunto affondato dentro gli occhialetti sul naso. E più lo immaginava più non poteva fare a meno di ridere. Quel sussulto durò per almeno cinque minuti buoni, si asciugò le piccole lacrime che il troppo riso le aveva procurato. Riprese a leggere «Sesso 29». Alla voce Soft Bondage non potè fare a meno di immaginare di nuovo alle prese con qualcosa che non avrebbe mai fatto col suo commercialista.


Racconto estratto dal libro
“Dieci volte l’amore”, Lupi Editore


[ BlogLink : PersonalGiulia ]

Una replica a “Sesso 29 by Alessandra Giuliani Laugier”

  1. è che il commercialista se lo sognava, sì, se lo immaginava in un certo modo, aveva tanta facilità di fantasticarlo, invece quel becero era quasi asessuato, più che altro talora, e molto segretamente, gli passava per la testa di farsela con una cagnetta, si faceva delle fantasie di pacioccare una scimmia del Borneo, cioè era uno bestiale e aveva pure i vizio tavolta di leccare le banconote da cento euro dopo averle disinfettate con un deodorante…

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