Li avete presente, no? Quegli orsetti di gomma semitrasparenti dai colori psichedelici e dal gusto artificiale. Che cosa raffigurino si capisce a stento, perché il materiale non è tra i più adatti a conservare i particolari. A uno sguardo inconsapevole potrebbero sembrare bruchi, mostruosità aliene. Sono oggetti indistinti, simili gli uni agli altri. Non ci si deve preoccupare di distinguerli, si prendono e si consumano a manciate. Anche il sapore è indefinito.
La mia impressione è che spesso si consideri la realtà come un sacchetto di questi orsetti gommosi. Si parla di infanzia ma non dei singoli bambini; di diritti e non delle necessità di una singola persona. La natura è un comodo involucro per ogni genere di farneticazioni su argomenti altrettanto indistinti, mischiando armadilli e tempeste.
Responsabile di spappolare le cose in questa marmellata è lo gnosticismo ideologico di gente che non ha problemi e vuole risolvere quelli degli altri. Il povero, il migrante, la madre, il sofferente per loro non hanno un volto, sono una entità fumosa e opaca, come il popolo o la natura. Ma il popolo non esiste, la natura non esiste, se non come semplificazione di qualcosa di molto più complesso: l’unicità di fenomeni e creature. E’ comodo semplificare, ridurre a un puntino statistico: evita di coinvolgersi di persona. Di sporcarsi.
Vorrei inveire contro questi poveretti, ma cadrei nello stesso errore. Sarei anch’io come loro, uno di loro. Non mi va di essere seppellito in una definizione grigia. Non sono un orsetto di gomma.
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