Lo studio del dottor Mari è nei pressi della Basilica di San Pietro a Roma. Nella sala d’aspetto una bella signora tiene sulle ginocchia una pelliccia scura mentre in silenzio guarda fisso davanti a sé.

Tenendo le distanze dalla donna, un giovane dai folti ricci è immerso nello schermo dello smartphone.

Dalla porta entra un uomo sulla quarantina: l’aspetto è trasandato ma la faccia l’ha sbarbata e gli occhi sono vispi, anche lui come i primi due è un paziente del dottor Mari, prende posto accanto al ragazzo e comincia a parlare:

– ‘Giorno… a te chi t’ha mandato qui? La mamma?

– Oh manco ti stai sedendo e chiedi ‘ste cose? Non vedi che sono al telefono?

– Lo vedo, lo vedo. Lo dico sempre ai miei studenti che vi rovinano i telefonini.

Il ragazzo si chiama Alberto e non può far a meno di ghignare a quella affermazione da boomer.

– Ah sei un professore… bello schifo. Eppure, non mi parevi così vecchio… però hai detto “telefonini”… c’avrai almeno quarant’anni eh?!

– Dai che ho attirato la tua attenzione… chiacchieriamo ti prego è il mio primo giorno qui.

– A me ‘sto posto me l’ha consigliato una tipa con cui uscivo… Greta si chiama, bella figa ma tu ormai… sei vecchio che ti parlo a fare di ragazze…

Claudio, il professore con la faccia liscia e gli occhi vispi sentendo il nome di Greta ha un sussulto, quasi sbianca, allora interviene la donna che sta di fronte a lui.

– Che si sente male? Sembra che si stia sentendo male davvero…

– Nossignora non si preoccupi. Soltanto un leggero mal di testa.

– Signò quello è un professore, secondo me sta pensando agli esami imminenti…e a tutte le bocciature che dovrà firmare ah ah ah ah!!

– Non c’è da ridere regazzì con ‘sta faccia da schiaffi secondo me manco ci vai all’università.

– Com’è che hai cambiato atteggiamento? Eravamo partiti così bene che secondo me pure la signora si è fatta qualche domanda…

– Ancora con questa “signora”? E poi rispondigli dai… non ci vai all’università? A questo punto parla… il dottore ancora deve arrivare, siamo soli.

– Ecco accontenta la signora e togliti il grigno dal grugno.

– Vi devo raccontare cosa? Perché sono qui?

La signora che si sente ancora, non a torto, giovane e bella si chiama Adalgisa. Posa la pelliccia sulla sedia accanto e si alza solenne verso Alberto, gli accarezza la testa.

– Sì. Mi ricordi mio figlio e io come una mamma ti prego di parlare, di qualsiasi cosa scegli tu.

Cade il silenzio e Claudio bisbiglia qualcosa all’orecchio di Alberto.

– E va bene. Se me lo chiede con questi occhi… posso mai rifiutarmi? Comunque, a te dico che ti sbagli, all’università ci vado e prendo pure tutti trenta.

– Adesso vuoi parlare? Dai su… che la signora ha l’aria di una che ha bisogno di divertirsi.

Alberto si fa serio e comincia la sua storia.

– Ma ci credete??? Mi hanno mandato dallo psicologo perché alla morte di mio nonno non ho pianto. I pazzi sono loro. Per me la morte non merita lacrime! Va celebrata con la vita. Quando il mio vecchio è morto, io sono andato a farmi una birra. Il funerale l’ho lasciato al parentado che di nero vestito si batteva il petto gridando di dolore e versando lacrime sincere come le tette di alcune tra le mie zie e cugine. Che falsità.

Claudio stenta a credere che si sia andato a un pub con il nonno appena morto.

– Aspetta, prima sono andato a dare l’esame. 30 tondo tondo. Poi a farmi una birra, io non ho pianto, non perché lo amassi meno degli altri… ma perché sono veramente contento del fatto che se ne sia andato. Dimenticava ogni cosa. Gli ultimi anni sono stati tragicomici… un giorno lo vidi uscire con l’uccelletto di fuori che tentava di baciarsi da solo riflesso nella tazza del cesso.

Al mio: “Nonno ma che stai a fa?” Lui mi rispose candido che stava baciando la moglie e di lasciarli soli. Cosa cazzo piango per un matto? Io sono contento che sia morto.

Adalgisa tiene le mani del giovane e ne rompe il monologo:

– Povero vecchio… ammiro la capacità di ridere delle tragedie tipica di voi giovani.

– Signora bella, lei non capisce, mio nonno era decrepito eppure rideva sempre delle tragedie. Mi lasci continuare… a mandarmi qui è stata mia madre, e adesso… tutti dicono che sono anaffettivo, che non ci tengo a un cazzo che non sia la mia pellaccia. A me piace soltanto ridere, sembrerò strano ma è la mia unica colpa. Fare cose stupide. Mi piace il teatro … e boh lo dirò anche al dottore. Magari lui capirà che sono soltanto uno spirito libero che le convenzioni non possono ingabbiare? A me piace ridere, ridere, ridere… Il dottore l’ho trovato grazie a Greta, quella pesantona di Cristo che si sente uscita da un film muto…dovrei chiamarla dopo?

Claudio fa un cenno con la testa come a dire “sì” e Alberto è nervoso, senza perdere il ghigno.

– Cosa annuisci… manco la conosci Greta! Boh, magari non sarà una perdita di tempo, né chiamare lei né parlare ancora una volta con il dottore. Potrei raccontargli di quella volta che per far ridere alle medie ho lasciato un sacchetto pieno di merda di cane sulla cattedra… che c’è signora bella vi fa schifo? AH AH AH!!! Tutti giù a ridere…Che tempi. Magari gli dirò la verità al dottor Mari… intanto la dico a voi, tenetevi forte sulle sedie.

Non potevo piangere quando il nonno è morto. Mi ha chiesto di gettarlo dalla finestra perché sarebbe stato un gran bello show il suo corpo spiaccicato a terra per il quartiere. Che attore mio nonno… e io da bravo aiutante che potevo fare? Forse per questo non ho pianto al funerale… era come stare dentro ai titoli di coda di uno spettacolo. Lo spettacolo mio e del vecchio più simpatico del mondo, anche da morto ha creato uno show. E gli spettacoli servono a ridere… E come diceva il poeta “lasciatemi divertire” … io non voglio piangere signora bella… questa è la mia storia: lasciatemi divertire.

Claudio osserva Alberto, la cui maschera pare trasformarsi in un triste putto mentre Adalgisa gli stringe le mani sempre più forte:

– Tesoro bello… ammiro la forza dirompente che ci hai messo nel raccontare la tua storia. Grazie… hai distratto una povera donna dai fantasmi della sua mente.

– Signora grazie. Adesso però sembra che sia lei a sentirsi male… posso farle una richiesta da figlio? Io ho raccontato la mia storia. Certo a modo mio, ho fatto un po’ di caciara… ma lei ci racconta la sua? Così il professore qui capisce che questo non è uno studio come tutti gli altri.

– Certo, Giuliano non è un dottore come tutti gli altri. Se ci tenete… se vi annoiate… potrei dirvi di me.


[ Atto II : Qui ]

[ Atto III : Qui ]

[ BlogLink : Aurelienne ]

2 risposte a “Atto I – Alberto. By Aurelienne”

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