Adalgisa, con eleganza teatrale e decisa prende una sedia piazzandosi al centro esatto dello studio.
– Nel giro di due mesi sono diventata vedova e ho perso mio figlio, ci pensate… non esiste nemmeno una parola per esprimere cosa si è dopo che un figlio muore. Il mio si è suicidato. Come il padre. Due stronzi egoisti. Al funerale del mio ragazzo tutti mi guardavano con disprezzo… come se la colpa in qualche modo fosse la mia. Mio marito mi ha tradito con ogni essere che camminasse su due gambe e la colpa è la mia? Mio figlio voleva più bene allo stronzo fedifrago e la colpa è la mia. Dovrei guardarmi dentro… dovrei pensare di essere stata cattiva? Una specie di edera velenosa attorcigliata alle loro vite che ha finito per soffocarli? Ma per piacere. Erano degli uomini deboli.
Claudio si avvicina alla donna, le è alle spalle quando sussurra:
– Non pensa di avere qualche colpa?
– Non mi secchi. Non mi interrompa. Non penso di avere nessuna colpa. Mi hanno lasciata da sola già da vivi… marito distratto e figlio scemo. Che sorte assurda mi è capitata… Eppure, avrei meritato di meglio ma nonostante tutto mi mancano… forse.
Sulla tomba di mio marito ci ho sputato su. Su quella di mio figlio ho riso di gusto, pensando alla libertà di essere sola finalmente: senza vincoli, senza legami… una farfalla pronta a volare. Poi ho pianto.
No. Non durante il funerale, ho pianto a casa. Dovrei svelarvi che ho dato fuoco al maneggio di mio marito, lo stronzo ci teneva più ai suoi cavalli che al nostro matrimonio. Tutti erano più importanti di me! Allora io l’ho bruciato e ci ho fatto su i soldi per andarmene. Dicevo del dopo comunque…di dopo il funerale: ho pianto tanto a casa. Ho pensato a tutto quello che il loro egoismo mi ha portato via. Anni che non torneranno, una gioventù persa per adempiere al ruolo di moglie e madre devota! Adesso sono soltanto vecchia… dov’è che può andarsene una vecchia? Sola e imprigionata nella mia faccia e schiava di un calendario che mi vuole fantasma del mondo che corre… come un cavallo pazzo ero io a voler correre.
E invece mi sa che sono soltanto pazza. Azzoppata dalla vita. Pazza o terribilmente lucida? Giuliano la prima volta che mi ha visto mi ha detto che ero semplicemente sola e che ci dovevo fare i conti.
Alberto se la ride chiedendo se il buon dottore si fosse proposto per farle compagnia. Claudio gli tira un pugno docile e amareggiato.
– Non essere insolente. La signora si è raccontata con un tale trasporto, meglio di come avrebbe fatto un’attrice… sì sa che la realtà spesso è più drammatica della finzione.
Adalgisa resta seduta al centro dello studio e come risvegliata da un incantesimo domanda a Claudio se lui volesse parlare di se, della sua storia. Un secco rumore di chiavi interrompe la scena e fa il suo ingresso nello studio il dottor Giuliano Mari.
– Che sta succedendo qui? Le vostre voci si sentivano dalle scale!
– Stia tranquillo dottore, stavamo chiacchierando… o meglio: Alberto e la signora Adalgisa stavano raccontando le loro storie. Si riguardi le registrazioni. So che ha delle telecamere da qualche parte… sembrava di essere a teatro.
– Ripeti un attimo… aspetta… parlate tutti. Cos’è che avreste raccontato? Che è ‘sto silenzio? Parlate, uno alla volta ma parlate.
– Collega non si agiti. Adalgisa e Alberto hanno confessato l’indicibile: sono due assassini.
– Assa… cosa?
– Sì. Uno ha confessato di aver gettato il nonno dalla finestra mentre l’altra che francamente è una stronza anaffettiva ha detto di non essere riuscita a salvare né figlio né tantomeno il marito.
Adalgisa e Alberto assistono seduti l’uno accanto all’altra sgomenti dalla lucida cattiveria dell’uomo ma alle ultime battute di Claudio il ragazzo scatta in piedi rabbioso.
– Cosa stai dicendo! Io non ho ammazzato il vecchio! Ma ti attacco al muro e butto a te di sotto! Dottò… mi ascolti, non ho ammazzato nessuno. Io l’ho liberato! E le braccia sono diventate ali! L’ho fatto per rimandarlo da nonna dottore… mi crede?
Alberto scoppia a piangere, mentre Adalgisa cammina a grandi falcate coprendo lo spazio di tutto lo studio. L’unico tranquillo è Claudio che resta seduto sornione su una delle sedie.
– Ragazzo non piangere. Sono confuso. Ci conosciamo da un po’ e non sospettavo potessi celare una storia di tale portata nel tuo cuore… Ada, tu, tu che mi dici? Sei un’assassina come ha detto lui?
Il dottor Mari prende il viso di Adalgisa tra le mani, gesto che tradisce la complicità tra i due.
– Giuliano, ascoltami, conosci il mio animo ormai. Te l’ho mostrato dal primo giorno, secondo te potrei aver ucciso mio marito e mio figlio? Hanno fatto tutto da soli… io sono rimasta a guardare: loro morire e me invecchiare, farmi fantasma. Toccami le mani Giuliano…
Claudio ride dai capelli alla bocca, la sua faccia è un concentrato di cinismo e disgusto.
– Ah, eccoci. Collega hai avuto una storia con la signora? Cosa ne pensa tua figlia?
La domanda di Claudio cade nel vuoto, coperta dal pianto di Alberto e inascoltata dal silenzio tra dottore e paziente impegnati a guardarsi ancora negli occhi.
– Non sono un assassino dottore. Mi creda, io il nonno l’ho aiutato. L’ho reso libero, a lui e a tutta la mia famiglia.
– Regazzì ti credo. Capisci però cosa sta succedendo qua dentro oggi: devo mettere ordine. Ti chiedo di andare via e ci aggiorniamo tra qualche ora …
– Ma loro due conoscono la mia storia…
Claudio scatta in piedi e si avvicina ad Alberto:
– Fatti furbo tu sai che Brooke di Beautiful qui, ha dato fuoco a un gruppo di cavalli. Insomma è un’assassina come te…forse peggiore addirittura… non potrebbe mai denunciarti.
– Basta, basta, bastaaaaa!!! Io volevo essere libera. Ma poi tu chi cazzo sei per giudicare?
– Io sono il dottore qui e ti chiedo di andartene Alberto, fammi risolvere questa situazione. Il tuo segreto è al sicuro con me.
– Io di lei mi fido. Vado via… ma lei mi protegga, lo faccia dottore… come farebbe con Greta.
Restano in tre nella sala d’aspetto e Giuliano non ha tempo di pensare alle ultime parole di Alberto: deve strappare Adalgisa dal collo di Claudio.
– Ada!!! Ma che stai facendo basta su!
– Questo continua a ridermi in faccia Giuliano! (Rivolta a Claudio): Adesso te mi dici che cazzo c’hai da ridere!
– Tranquilli, il graffio che mi ha lasciato sul collo non è niente. Sono abituato coi gatti. Io sorrido. Sorrido del collega qui presente che è evidentemente ancora ubriaco per gestire bene la situazione. Giuliano, dì qualcosa che convinca la signora di essere soltanto schifosamente umana.
– Sei incredibile Claudio.
– Sì! Incredibile è la parola giusta! Ma poi… lo stai chiamando collega da quando è cominciata questa farsa! Dillo un po’ chi sei!
– Oh oh oh… collega che dici? Racconto la mia storia? Magari capisci la potenza della terapia di gruppo… no? Che faccio?
Giuliano invoca silenzio. Ha bisogno di pensare, prende la pelliccia di Adalgisa e la spinge verso la porta.
– Tu adesso te ne vai, ho bisogno di parlare con il gentile “collega” e capire cosa è successo.
– Giuliano… Giuliano… stringimi! Conoscono la mia storia, mi fido del ragazzo ma questo potrebbe denunciarmi…
– Stia serena signora, ho di meglio a cui pensare.
– Posso passare a casa tua?
– Ada carissima, aspettami a via del Babuino, a quella caffetteria che fa le paste alla crema buona che ti piacciono tanto. Ti raggiungo tra un’oretta al massimo e parliamo di tutto quello che vuoi.
Rivolgendosi poi a Claudio:
– Claudio, è vero che firmerai e non darai fastidi alla signora?
– Si fidi Ada. Ho di meglio di cui parlare, sia al dottore che al mondo.
– Che poi forse Adalgisa hai raccontato così tanto della storia di Giorgio perché il ragazzo ti ricordava Biagio?
– Non è così semplice. Prima che arrivassi, o meglio, da quando è arrivato questo qui c’è un’aria strana. Pareva di essere a teatro Giuliano… mille occhi addosso che volevano conoscere, sapere di me…
– O forse io con un solo sguardo sono stato più bravo del buon dottore…
– Adesso zitto. Ciao Ada… prendi quello che vuoi al bar che poi pago io, e sta tranquilla.
Adalgisa lascia lo studio e restano soltanto Claudio e Giuliano. Il dottore si accende una sigaretta, offrendone una al paziente.
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