La vita è ovunque e niente muore mai davvero. Tutto si trasforma in un ciclo infinito e perfetto, tutto diventa niente e niente diventa tutto, perché il niente non esiste. E il tutto è incomprensibile.

Parole storte e sbadigli, sorrisi strangolati e accordi stonati. Il colletto stropicciato. La macchia. Le tradizioni e la loro forza invincibile.

Il distanziamento è la nuova buona intenzione.

Ci dimenticheremo come si stringe una mano davvero a furia di scrivere abbracci.

Anche nell’aria il profumo della neve è cambiato.

Fiocchi. Occhi. 

Le memorie sono cose così rumorose da rendere sordi. I ricordi invece soffiano o bisbigliano, si affidano al vento del momento, svaniscono e ricompaiono, appartengono troppo spesso agli insiemi semplici dei rimorsi e dei rimpianti.

Rimorsi e rimpianti che vanno a braccetto come attori consumati dalla parte, in una replica perenne sempre sold out.

Le memorie nascono quando i respiri accelerano e si accordano alla fatica nelle gambe, quando sali un passo dopo l’altro, quando tutti i fiori sbocciati lungo il sentiero sembrano lì solo per te e nessuno può dirti il contrario.

Senti il cuore che batte nel petto, lo senti battere forte per farti sentire la sua forza, perché quando serve il cuore c’è.

Anche quello che un momento prima era un cuore spezzato, o un cuore di pietra.

Salire è un’operazione di riparazione.

La felicità è un mistero, un gioco del destino, un affare per venditori di folletti, ghiaccio per poeti veri, un ottomila non segnato sulle carte.

Ci sono le parole di burro e zucchero. Dolci quasi mai. Che certe volte arrivano come i pacchi di Amazon, ne tracci il percorso, la creazione, le correzioni, la brutta e la bella, l’edizione finale e la pubblicazione. Ti arrivano tramite corriere, anche se non le hai ordinate.

Ho fame di parole e mi accontento di briciole burrose che mi restano attaccate alle dita. Briciole sparse che raccolgo come una novella Pollicino. Il reso non è previsto.

Ormai le strade io le ho perse tutte. Ho perso i treni e gli aerei. Ho perso guide e bussole.

Sono ferma. Come una statua immobile, una Venere senza braccia ma non così bella. Una statua mai finita, colta in tutta la sua imperfezione, destinata al deposito di un museo mai aperto. Una specie di reperto dimenticato, polveroso, sommerso.

Una specie di qualcosa che non ha mai avuto un nome, che voleva essere ma non è mai stato, una bozza infinita mai data alle stampe.

Tutte le parole bruciate per sempre.


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