Di Gianluca Mantoani
Fra maggio e giugno 2024 ho avuto l’opportunità di tenere un piccolo laboratorio di poesia a due classi quarte della Scuola Primaria D. Folis di Pino Torinese, vicino a Torino. Il progetto è stato largamente ispirato dalla lettura dei classici testi di avvicinamento alla poesia di Donatella Bisutti (Le Parole Magiche, L’Albero delle Parole, La Poesia Salva la Vita) e ha poi trovato aggiustamenti e adattamenti sia nel tentativo di adeguarlo alle Indicazioni nazionali sulle competenze chiave e gli obbiettivi di apprendimento e sia, soprattutto, nel confronto con l’esperienza e i suggerimenti dell’insegnante, maestra Alessandra, che per (mia) fortuna è anche mia moglie. A lei, che mi ha incoraggiato a costruire questa unità didattica e sostenuto nel portarla in classe, va tutta la mia gratitudine perché ho imparato, in quelle ore, decisamente più di quanto abbia potuto trasmettere.

Il laboratorio si è articolato in due incontri di circa due ore ciascuno, durante i quali i bambini e le bambine si sono confrontati dapprima con le loro idee e conoscenze in merito alla poesia per poi entrare nell’analisi di un testo di Fabio Pusterla, mediante una serie di giochi studiati per mettere in luce il carattere esperienziale, percettivo ed emozionale delle parole usate dal poeta, con l’obbiettivo principale di far loro sperimentare concretamente la capacità che le parole hanno, al di la del trasmettere significati codificati, di creare legami profondi e duraturi fra l’esperienza e la percezione individuale e quella collettiva, del gruppo, della cultura di appartenenza.
Subito, nel brainstorming iniziale attorno alla domanda diretta su cosa fosse, per loro, la poesia è arrivata per me la prima inattesa lezione: ho trovato che i ragazzini hanno in proposito idee decisamente più articolate e precise di quello che mi aspettavo. Non parlo qui delle competenze tecniche sul ritmo e la musicalità delle parole, naturalmente, ma piuttosto della loro precisa e sorprendente disinvoltura nel rispondere alla domanda che impegna, a fondo, la sensibilità e l’esperienza di chi frequenta come lettore o come produttore la scrittura in versi: che cos’è la poesia?
Le risposte sono state davvero “chirurgiche” nel definire i contorni della poesia come di un qualcosa in cui sono importanti il suono e la disposizione delle parole, anche più del senso stesso di ciò che viene detto. Ad esempio Riccardo ha descritto la poesia come: “parole in rima ma con un significato importante (alcune volte)“, mentre in un altro post-it (senza nome), la poesia veniva descritta come: “un racconto poetico, scritta dai poeti con delle rime, con senso o senza senso“. Mi ha molto colpito il ripetersi, nelle loro parole, di questo continuo riferimento al “senso” e contemporaneamente alla libertà dei poeti di dare o non dare un senso a ciò che scrivono. Eppure, come in un altro post-it molto colorato ma nuovamente senza nome: “la poesia è un ritmo di parole con un senso e senza e il poeta può esprimersi“; laddove esprimersi significa, per dirlo con le parole di Carlotta: “tirare fuori dei sentimenti“.
Ho trovato’ molto interessante questa percezione spontanea mostrata dai bambini in merito alla grande libertà che l’espressione poetica ha nei confronti del “senso” delle singole parole e anche, contemporaneamente, la percezione che il ritmo dei versi, la disposizione delle parole stesse, sono componenti decisive per attribuire alla poesia la sua intrinseca capacità di esprimere emozioni e sentimenti. Credo che valga la pena di proseguire questo percorso, trovando il modo di indagare più attentamente la questione del senso delle parole per i bambini.
Come ha scritto Donatella Bisutti, nella prefazione a L’albero delle Parole (Feltrinelli, 1979), la poesia dovrebbe essere per loro “...una scoperta, un insieme di cose diversissime, un racconto, una favola, uno scherzo, un gioco con le parole, la realtà di tutti i giorni, un sentimento, un’immagine. Ma queste varie possibilità il bambino le deve trovare percorrendo da solo la sua strada in un mondo che gli è nuovo e misterioso, ma che suscita rispondenze misteriose dentro di lui.”
Per entrare più in profondità rispetto a questi stimoli, per passare da considerazioni sulla poesia in senso astratto al confronto con una poesia in particolare, ho coinvolto le classi nella lettura di un testo: Posso solo restare immobile, di Fabio Pusterla (da: “Concessione all’Inverno”, Ed. Casagrande, 1985). Il confronto con questo testo è stato quindi il terreno sul quale sollecitare la loro attenzione verso la capacità che hanno le parole di veicolare non solo e non tanto “significati”, corrispondenze di senso universali e valide per chiunque, ma soprattutto (a maggior ragione all’interno del testo poetico) percezioni, sensazioni visive, tattili, olfattive, uditive e per quella via memorie e dunque inevitabilmente anche emozioni. Il recupero di queste “scoperte” è stato fatto poi nel corso del secondo incontro, attraverso una serie di giochi a gruppi, che sono stati anche utili per mostrare loro esempi concreti di quella fitta rete di legami che le parole intrecciano le une con le altre e con il mondo e con coloro che le “parlano”, proprio per mezzo del ritmo (le sillabe), della loro musicalità (le figure retoriche di suono) e per mezzo del loro legame con l’esperienza (l’area semantica), insomma per riconoscere valore alle loro percezioni iniziali sulla poesia, arricchendole di contenuto e di riferimenti.
La prontezza dei bambini nel misurarsi con questi stimoli e la ricchezza delle loro risposte ha convinto le maestre che sarebbe importante continuare l’esperienza e proporre un nuovo modulo nel prossimo anno scolastico. E questa è stata davvero, per me, una grande soddisfazione.






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