A cura di RiVolti ai Balcani. Altreconomia, 2024
RiVolti ai Balcani è una rete di associazioni nata nel 2019 con lo scopo di difendere i diritti di chi percorre la cosiddetta rotta balcanica nel tentativo di raggiungere l’Unione europea. Questo libro, Chiusi dentro, raccoglie scritti di numerosi autori e autrici, giornalisti, giuristi, attivisti, e ci offre una visione chiara e documentata di quello che accade ai confini dell’Europa, dentro e fuori di essa, permettendoci di riflettere sull’idea di Europa che sta dietro certe scelte politiche e certi comportamenti.
L’idea fondamentale, ribadita esplicitamente nel recente Protocollo sottoscritto dall’Unione europea, è di fare il possibile per tenere i migranti fuori dall’Europa a qualsiasi costo. Che si tratti di persone che si spostano in cerca di condizioni di lavoro e di vita migliori di quelle che hanno nel loro Paese, che siano famiglie che cercano di ricongiungersi, che siano profughi, perseguitati politici, persone in fuga da guerra, fame e violenza, la risposta è sempre quella: fuori dall’Europa. Per ottenere questo risultato, le azioni sono varie. Prima azione, impedire la partenza. Per impedire la partenza bisogna essere molto determinati, pur sapendo che non si riuscirà mai nell’intento. Bisogna fare accordi con i Paesi da cui la gente vuole andar via, accordi che sottintendono che queste persone saranno trattenute nei più brutali dei modi: in campi di concentramento e carceri, abbandonate nel deserto, lasciate morire o uccise direttamente. Libia e Tunisia sono i più noti esempi di Paesi con i quali l’Italia collabora al fine di impedire a chi vuol partire di mettere in atto il suo progetto. Il secondo passaggio consiste nel lasciare che coloro che comunque riescono a partire vadano incontro a terribili rischi durante il tragitto, affrontando il mare, i confini terrestri costellati di insidie, il freddo, gli stenti. Molti moriranno, altri riusciranno a entrare nel territorio europeo. Lo chiamano il game. Infine, terzo step, il confinamento. Per le persone che comunque ce la fanno a non morire nel deserto e a non finire sott’acqua, la soluzione è rinchiuderle. In campi e tendopoli, in strutture esistenti o approntate all’uopo, in container. Col pretesto di accertarne l’identità, di valutare l’eventuale richiesta di asilo, di isolare soggetti pericolosi, in realtà col solo scopo di contenere persone che altrimenti dilagherebbero nei nostri sacri, inviolabili territori. Il confinamento può aver luogo in zone di frontiera, all’interno di territori europei o in paesi terzi con i quali si è stipulato un accordo: il caso più lampante è la Turchia. Che sia in Europa o fuori da essa, che sia vicino al confine o in località remote e appartate, il confinamento consiste, né più né meno, nel privare della libertà persone che non hanno commesso reati, a meno che il solo fatto di migrare o di scappare da guerra, persecuzione o povertà sia in sé un reato. Sebbene venga fatta passare come una misura temporanea finalizzata ad accertamenti, la detenzione nei campi e nelle strutture varie può durare mesi e anni, le condizioni di vita sono pessime, le prospettive ridotte a zero, la dignità delle persone calpestata e i diritti umani, non vale neanche la pena dirlo, del tutto disattesi. Il libro riporta analisi dettagliate del sistema “accoglienza” in diversi stati, europei e non, compresa l’Italia.
L’Europa continua a dichiararsi paladina dei diritti umani, ma evidentemente li ha ripudiati da tempo, e col passare degli anni la risposta che sia l’Unione europea, sia le singole nazioni, danno alla impegnativa questione delle migrazioni, siano per ragioni economiche che per situazioni di grave pericolo, si è sempre più inasprita. Sono molti i soggetti che si battono per contrastare questa situazione, per far prevalere i diritti delle persone o anche solo per fornire aiuto e conforto, avvocati e giuristi, associazioni di vario genere, ONG, semplici volontari, ma la loro azione, sebbene a volte vittoriosa, rimane sempre minoritaria rispetto alla forza messa in campo dalle istituzioni, che in teoria dovrebbero garantire il diritto dei profughi e dei migranti, ma che in realtà lo calpestano. Occorre una presa di coscienza e un deciso cambio di rotta, mettendo al centro le persone e i loro diritti.





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