Erika Fatland è una studiosa norvegese che da anni si interessa di ex Unione sovietica e di Asia in generale, ha viaggiato, ha incontrato persone, ha scritto reportage di grande interesse. Marsilio ha pubblicato recentemente La città degli angeli, un testo che Fatland ha scritto più di dieci anni fa ma che in Italia esce solo ora. All’epoca ancora studentessa, Erika Fatland si è recata nel 2007 a Beslan, nell’Ossezia del Nord (Federazione russa), dove nel settembre 2004 si è svolta una tragedia che ha coinvolto centinaia di persone e ha causato la morte di 186 bambini, allo scopo di redigere una tesi di laurea in antropologia sociale. Ci è poi tornata una seconda volta nel 2010 e dalle sue ricerche, dai suoi colloqui con le persone coinvolte è nato questo libro. Cosa sia realmente successo a Beslan, si sa solo in parte: esiste una versione ufficiale della storia ed esistono versioni alternative. Un gruppo di terroristi, separatisti ceceni e ingusci, secondo la versione ufficiale un nucleo di 32 persone, verosimilmente almeno il doppio, si è impadronito della Scuola numero 1 di Beslan, prendendo in ostaggio circa 1200 persone. Era il 1 settembre 2004, il primo giorno di scuola, e bambini e bambine, ragazzi e ragazze, madri, insegnanti, erano venuti in massa alla scuola per l’inaugurazione dell’anno scolastico. Per oltre quarantotto ore gli ostaggi sono stati tenuti dentro, senza mangiare e senza bere, poi, verso le 13 del 3 settembre, un’esplosione, chi ha potuto è scappato, una nuova esplosione, spari, un incendio, il caos. Il risultato finale è stato di 334 morti, tra cui 186 bambini. Questi grossomodo i fatti: riguardo alle interpretazioni, la faccenda è controversa. Chi è responsabile delle esplosioni? Sono avvenute all’interno della scuola, si trattava di ordigni piazzati dai terroristi, o dall’esterno, quindi da bombe lanciate dai corpi speciali intervenuti sul luogo della crisi? E di chi è la responsabilità ultima? Molti additano Putin, che avrebbe dato ordine di porre fine all’assedio a qualsiasi costo: esiste del resto un precedente, l’attentato al teatro Dubrovka di Mosca, due anni prima. In quel caso furono usati gas tossici da parte delle forze speciali, con la conseguente morte di più di cento persone.
Erika Fatland non è in grado di offrirci una verità definitiva sui fatti di Beslan, ha parlato con molte persone, superstiti, testimoni, studiosi, ma non è giunta a una verità definitiva. Il pregio del suo libro, oltre a ricostruire scrupolosamente la tragedia, sta nelle testimonianze che ha raccolto: madri e padri che hanno perso dei figli, superstiti che hanno riportato danni permanenti o traumi psicologici, persone che non si sono mai riprese dal lutto e che hanno dedicato la loro vita al ricordo delle persone care e al tentativo di scoprire la verità.





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