Riponendo (non) meticolosamente.
A mente rilassata.
Il cambio di stagione, quel riporre gli abiti vissuti e abitati nel tempo climatico appena conclusosi è una meticolosa azione che a stagionalità alterne incista uno specifico stato d’animo (nel caso specifico, in me).
Al cambio dall’autunno/inverno verso la primavera/estate, il mio cuore sussulta di libertà; si veste di polvere di fata e -ancheggiando al suono di ritmi cubani- apre la mente all’aria e alla luce di cui godrà l’epidermide (prima di tutto, quella psichica).
L’Io, si sa, è “innanzitutto un’ entità corporea”, Freud, 1928.
Il mio corpo, pertanto il mio Io (che non ha nulla in comune con le dissertazioni filosofiche) subisce ripetute scosse di assestamento quando il cambio avviene in moto opposto.
Quando infatti i fluttuanti e floreali abiti estivi, maliziosi ballerini impegnati in incessanti tango e salse al cospetto del sole, si vedono spodestati dai chubby indumenti autunno/invernali, l’ingombrante inguaina il mio corpo provocando asfissie al mio povero Io che resta in cerca di sale.
Le sottili lingue di tessuto, serpentine scaglie riflettenti, vitree vetrine del corpo sottostante si ritirano; si fanno timide.
Battono ritirata.
L’ordine mi appartiene in qualità di disordine con un ordine proprio così, facendomi samurai dalle taglienti sciabolate a suon di musica spagnola, messicana e cubana, l’estate said goodbye, but not in my mind.
Sul finire.
So che alla riapertura degli stessi profumati igloo contenenti i tessuti del desiderio, sarà un’altra storia. Un’altra me. Il mio Io si vestirà di altri abiti da abitare e la mia pelle psichica avrà lo stesso involucro con una pelle idratata in maniera diversa. Sarò Io ma un Io con una sfaccettatura diversa. Spaventoso?
Si chiama cambiamento.
“Il serpente che non può cambiare la sua pelle è destinato a morire. Anche le menti che sono prevenute dal cambiare le loro opinioni, cessano di essere delle menti.” Friedrich Nietzsche.
G.





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