Perché facciamo le cose? Perché ci conviene. Perché ci porta qualche vantaggio. Fosse anche solo superare la noia.
Raramente ci pensiamo. Raramente scendiamo nel cuore profondo delle motivazioni. Stiamo in superficie, come stanno in superficie le foglie morte sulle acque opache di uno stagno.
Così ci capita di darci le ragioni sbagliate. O parziali. Azioni senza un reale motivo, ripetute per abitudine, o nell’illusione che servano per uno scopo più grande. Magari a scapito dello scopo stesso. Eterogenesi dei fini, direbbe qualcuno, il trovarsi a combattere ciò che si vorrebbe ottenere.
Allora ci vuole, certe volte, un momento di consapevolezza. Un istante in cui domandarci cosa desideriamo davvero, se la strada che abbiamo preso porta effettivamente dove vorremmo. Un’interruzione a questo nostro vivere senza scosse, inconsapevoli, immobili o lentamente affondando nel fango.
La rana che salta nell’acqua verde, il cerchio d’onda del suo tuffo che smuove lo stagno per un istante, prima che tutto torni immobile, prima che smettiamo ancora di essere ciò che dovremmo essere.
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