la parola di lei che fa mattina è una bocca
che ha assaggiato, è un dire coi denti
allineati e in attesa, è quella parte molle e quelle
parti molto irrorate che allarmano i momenti casuali
quando il sole penetra le finestre
e c’è una polvere che le parla
finalmente
di vita.
la parola di lei è un contrabbasso appartato
era un violino avventato
nei sottopassaggi, in un magazzino di mobili in periferia
ora scodella, ora confeziona
è l’affitto da pagare che ci rigiriamo fra le mani
come se una vulva
fosse un suono dimenticato da tempo
nei portici che ci hanno dato riparo.
la parola di lei si è scagliata in una borsetta
la borsetta contiene dettagli scabrosi
l’oscenità è un pane lievitato bene
che accompagna il digiuno, che si spezza sul pube –
fra le finestre spalancate a novembre
e il desiderio diafano
lei sceglie di non
vestirsi.
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