Mi piace girare tra i blog e le riviste green, attente alle istanze dell’ambiente, così come tra quelle che si occupano di arte: è proprio nella loro fusione che possiamo approfondire la Land art.
La Land art è una forma d’arte contemporanea nata tra il 1967 e il 1978 negli Stati Uniti d’America ed è caratterizzata dall’intervento diretto dell’artista sul territorio naturale, specie negli spazi incontaminati come deserti, laghi salati, praterie, mari ecc. Le opere hanno spesso carattere effimero. Questa forma d’arte nasce da un atteggiamento rigorosamente anti-formale in antitesi con il figurativismo della pop art e con le fredde geometrie della minimal art. Il nome stato coniato da un film del 1969 di Gerry Schum, intitolato proprio Land Art, che documentava i lavori dei primi esponenti della nuova disciplina artistica.

La Land art è un dialogo intimo tra l’artista e la natura. Scavalcando i limiti tradizionali dell’arte, l’opera si fonde con il paesaggio, diventando parte integrante di esso. Materie prime come terra, rocce e vegetali si trasformano in pennelli e tele, dando vita a creazioni monumentali e spesso destinate a mutare nel tempo, proprio come la natura stessa. In questo connubio, l’artista non è più un dominatore, ma un osservatore che lascia un’impronta delicata, riconoscendo la propria appartenenza a un tutto più grande.

I pionieri della Land art erano esploratori del paesaggio, attratti da luoghi che li ispiravano profondamente. Raccolti materiali in loco, principalmente rami e rocce, componevano opere che sembravano nascere spontaneamente dal terreno. Con Robert Smithson, però, la Land art compì un salto evolutivo. Nel 1970, l’artista concepì la sua opera più iconica, Spiral Jetty, un’ambiziosa costruzione a spirale sulle rive del Grande Lago Salato dello Utah. Realizzata con materiali locali – cristalli di sale, sabbia e rocce basaltiche – l’opera rappresenta una svolta verso una maggiore pianificazione e complessità. L’ambizione iniziale era di creare una spirale che circondava un’isola artificiale, ma il progetto finale assunse una forma più essenziale. Concepita come un’interazione tra l’artista, la natura e il tempo, Spiral Jetty è un’opera che muta continuamente a causa delle variazioni del livello dell’acqua e delle condizioni climatiche.

Man mano che la Land art si evolveva, gli artisti sperimentavano sempre più liberamente, integrando materiali estranei al paesaggio e interagendo con esso in modo più complesso. Walter De Maria, con Lighting Field, trasformò un deserto del New Mexico in un’installazione elettrica, invitando la natura stessa a partecipare all’opera d’arte, con le sue aste di acciaio che attiravano i fulmini.
Dan Graham, invece, creò dei padiglioni in vetro che invitavano i visitatori a sperimentare una relazione inusuale con il paesaggio. Questo approccio più concettuale e sperimentale trova un’ulteriore evoluzione nelle opere di Christo, che avvolgeva in teli colorati monumenti e paesaggi, creando un cortocircuito tra arte e natura.


Anche Alberto Burri, con la sua opera a Gibellina, contribuì a questa tendenza, trasformando un luogo segnato dal disastro in un’opera d’arte monumentale.

Oltre al celebre intervento di Burri a Gibellina, l’Italia vanta un ricco patrimonio di opere d’arte immerse nella natura. Questi “musei a cielo aperto” , come il celebre Giardino dei Tarocchi a Capalbio, realizzato dall’artista Niki De Saint Phalle (post) offrono un’esperienza unica, invitandoci a riflettere sul rapporto tra l’uomo e l’ambiente. Sebbene non tutte queste opere possano essere inquadrate nel genere della land art, condividono con essa un profondo legame con il paesaggio e un’attenzione per i materiali naturali.

Se siete curiosi, ecco alcuni siti che seguo e da cui ho preso spunto:
Un viaggio in mente: qui trovate una bella guida ai parchi italiani, suddivisi per regione.







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