L’altro giorno volevo essere triste ma dovevo fare partire una lavatrice perché avevo finito i collant puliti, così mi sono alzata dal letto e l’ho avviata subito. Volevo ancora essere triste ma dovevo andare in farmacia, così sono andata in farmacia, ho preso le bustine per il reflusso e la crema per le mani. Poi mi sono detta Ora sarò triste, ma mi era arrivato un pacco e quindi sono andata al punto di ritiro a recuperarlo, già che c’ero sono passata al supermercato perché avevo finito le banane, che mi servono sennò mi vengono i crampi. Finalmente sono riuscita a tornare a casa, già per strada pregustavo il momento in cui mi sarei tolta il giubbotto e le scarpe e le prime lacrime mi avrebbero scaldato le narici, ma appena ho aperto il portone mi ha accolta il bip bip bip della lavatrice che aveva finito di lavare. Va bene, vado a stenderla al piano di sopra, ma poi voglio piangere. Al piano di sopra mi ricordo, perché li vedo, che c’erano già dei panni stesi, quindi ritiro l’asciutto e stendo il bagnato. Torno al piano di sotto e mi metto a piegare una quantità inspiegabile di calzini, ma mi riprometto di essere triste appena li avrò messi a posto nei cassetti. Chiuso l’ultimo cassetto guardo l’ora, per valutare quanto tempo avrò per essere triste prima di mettermi a cucinare. Non molto, come immaginavo. Decido allora che intanto mi metto a cucinare, così pranzo e cena saranno pronti, e poi mi dedicherò alla tristezza. Le verdure sono da lavare, ma il lavandino è pieno di piatti, pentole, bicchieri, bisogna far partire la lavastoviglie, che è carica di robe pulite, e quindi bisognerà prima scaricarla. Lo faccio, tutti i passaggi necessari per farmi spazio e avere, infine, le verdure sul fuoco. Metto su il riso, cottura dieci minuti. Non è vero, è un mix e ne impiega almeno venti, alcuni chicchi sono ancora duretti, altri si spappolano tra le dita. Prendo la nota mentale di non ricomprarlo. Cucinare mi ha fatto venire fame, decido di mangiare un pezzo di torta alle mele. Ripulisco il piano della cucina, controllo la cottura, spengo i fornelli e guardo l’ora: ho ancora qualche minuto per stare male ma devo prima preparare la ciotola con la cena che porterò con me al lavoro. Pensando al lavoro mi ricordo che devo preparare i vestiti che indosserò, entro in camera e noto il letto disfatto, lo rifaccio e mi ci siedo sopra, mi sdraio, con le gambe piegate e i piedi a terra, mi copro la faccia con le mani, ci siamo, è il mio momento, finalmente, ma sento che il portone si apre, lui è a casa, è ora di pranzo. Mangio, lavo i denti e corro al lavoro.
Ci riproverò domani.
Anzi no, domani ho una visita.
Ci riuscirò quando ci riuscirò.
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