La casa editrice trentina Keller è una delle mie mete preferite per scovare nuove letture. Apprezzo la serietà e la qualità con cui esplora le letterature e le culture della Mitteleuropa e dell’Europa orientale, con una particolare attenzione alle tematiche dei confini.

Questa passione si riflette sia nell’ampio ventaglio di voci proposte nella narrativa, sia nei coinvolgenti reportage e saggi che ci trasportano nei luoghi descritti, permettendoci di viverli attraverso le pagine. Per una lettrice appassionata di viaggi come me, la Keller è una risorsa preziosa.

La Keller è nata e opera in una terra di confine in cui ancora oggi si parlano più lingue e per noi questo “confine” è qualcosa che esula dai tracciati politici, si muove in un ambito profondo e indefinibile, è confronto e opportunità, è a tratti passato doloroso e investimento per il futuro, è qualcosa sempre pronto a riaffiorare e allo stesso tempo espressione di sintesi inattese. È come un fiume che percorrendo terre diverse raccoglie da loro i minerali e li scioglie in un’acqua che dopo poco è completamente diversa… Il confine – e pensiamo alle Alpi – è anche un bacino prezioso di culture e lingue e, ovviamente, di letterature e offre la possibilità di guardare al mondo in modo diverso.dal loro sito

Oggi la mia attenzione si focalizza su alcuni reportage che vorrei approfondire e condividere con voi, ma nel loro catalogo ne trovate tanti altri.

Abcasia, di Wojciech Górecki, traduzione dal polacco di Marco Vanchetti, collanaRazione K(ELLER), pp. 272

Sinossi: L’Abcasia ha il proprio territorio, i propri confini e cittadini. Ha un presidente, un primo ministro, un parlamento e le forze armate. La Commissione elettorale centrale organizza le elezioni mentre l’ufficio postale emette francobolli. Un elicottero con trent’anni di vita della Abkhazian Airlines trasporta i passeggeri da Sukhumi, in riva al mare, al villaggio di Pschu in montagna, e i cittadini vengono informati dall’agenzia Apsnypress, dalla televisione, dalla radio, dai giornali e da internet.
Wojciech Górecki è una delle poche persone che ha avuto l’opportunità di osservare la nascita, lo sviluppo e il declino, nel corso di vent’anni, dello “Stato” abcaso con i suoi confini contesi e uno status indefinito. Vari Paesi infatti non riconoscono l’Abcasia e la considerano parte della Georgia. Tutto il mondo in pratica condivide questa posizione a eccezione di Russia, Nicaragua, Venezuela, Nauru e Siria. Non si fatica a comprenderne il motivo: il riconoscimento dell’Abcasia e del crescente numero di Paesi con una genesi simile originerebbe nuovi conflitti stravolgendo l’ordine internazionale…
Górecki combina perfettamente la sobrietà dell’analisi sociologica e storica con una narrazione fluida, supportata da un acuto senso di osservazione, dalla curiosità di un reporter di prim’ordine e da un certo senso dell’umorismo. E a questo si aggiungano personaggi, storie e luoghi che resteranno a lungo nella memoria.

Wojciech Górecki (nato nel 1970 a Łódź) è reporter, analista e storico specializzato nell’area del Caucaso e dell’Asia centrale. Attualmente è Senior Fellow presso il Dipartimento per la Turchia, il Caucaso e l’Asia Centrale del Centro Studi Orientali (OSW) di Varsavia. Tradotto in cinese, ceco, georgiano, slovacco, ucraino e italiano. Nel 2007 è stato insignito del Premio Giuseppe Mazzotti. Nel 2011 è stato finalista del Premio Ryszard Kapuściński ed è stato candidato al Nike Literary Award. Nel 2013 ha ricevuto il Premio Beata Pawlak. Dal 2002 al 2007 è stato prima segretario e poi consigliere presso l’Ambasciata della Repubblica di Polonia a Baku. Ha partecipato come esperto alla missione dell’Unione Europea che indagava sulle circostanze della guerra in Georgia del 2008. Nel 2014-2015 è stato membro del consiglio di amministrazione del Fondo di solidarietà PL e ha alternato il suo lavoro di ricerca e reportage anche a occasionali docenze universitarie. Collabora con numerose riviste polacche.

Pianeta Caucaso, di Wojciech Górecki, traduzione dal polacco di Vera Verdiani, introduzione di Marco Vanchetti, collana Razione K(ELLER) pp. 304

Sinossi: La frammentazione del Caucaso in numerose entità, dopo il collasso dell’Unione sovietica, è solo l’ennesimo (e di certo non ultimo) capitolo della storia di questa specialissima regione posta tra il Mar Nero e il Mar Caspio. Eccoci tra Cecenia, Georgia, Inguscezia, Ossezia, Abcasia, Agiaria, Cabardino-Balcaria, Karačaj-Circassia e altri territori più o meno riconosciuti. Da secoli vari popoli, lingue, tradizioni, storie, mitologie e culture vivono in questo lembo di terra e Górecki è probabilmente uno dei massimi esperti di quella che è una galassia in continuo movimento, che esce ed entra nella storia, ne raccoglie tensioni e, allo stesso tempo, ne resta indifferente. Una vita di studi e viaggi, quella del reporter polacco, raccontata in una trilogia caucasica che si apre con il primo volume Pianeta Caucaso, riproposto a vent’anni dalla sua uscita in patria. Nulla del suo fascino e della sua capacità di offrirci gli stimoli e gli strumenti necessari per comprendere questa parte di mondo, sempre più centrale nelle dinamiche internazionali, è andato perso. Un universo di storie da cui non è facile staccarsi.

Sarajevo. Una mappa della città, di Miljenko Jergović, traduzione dal croato di Estera Miočić, collana Passi, pp. 576

Sinossi: «Sarajevo. Una mappa della città» è romanzo ma anche cronaca, autobiografia, memoria culturale, caso antropologico, storia, urbanistica, avvicendamento di regni, imperi, repubbliche, è memoria famigliare e incrocio di destini individuali. Sarajevo è anche una città. E Miljenko Jergović è lo scrittore che l’ha trasformata in opera letteraria. Un crogiolo di storie e luoghi, una rete di infinite connessioni che si espandono nel tempo fanno di questo luogo un mondo intero e delle sue piazze, vie, dei suoi edifici e quartieri un labirinto senza fine. Quello a cui dà vita Miljenko Jergović è una sorta di nuovo genere letterario che racconta e ridefinisce continuamente una città visibile e invisibile. È impossibile non lasciarsi trascinare nei rivoli di quest’opera che si ciba di ogni cosa, dai ricordi dell’autore agli elenchi telefonici, dalla topografia urbana alla fotografia, e ci restituisce un viaggio avventuroso, un mosaico pulsante di situazioni, personaggi, narrazioni.

Miljenko Jergović è nato a Sarajevo nel 1966 e risiede da tempo a Zagabria. Scrittore tra i più noti della letteratura balcanica contemporanea ha all’attivo decine di volumi tra romanzi, raccolte di racconti e di poesie. Tradotto in oltre venti lingue vanta numerosi premi in patria e all’estero; tra quest’ultimi il Premio Angelus e il Grinzane Cavour.

Bucarest, di Margo Rejmer, traduzione dal polacco di Marco Vanchetti, collana Razione K(ELLER), pp. 304

Sinossi: Bucarest. Polvere e sangue di Margo Rejmer è il racconto di una capitale che ha vissuto gli orrori di un regime megalomane e paranoico, è l’incontro e il confronto con la gente comune, è l’ascolto di storie che riflettono i mutamenti degli ultimi decenni. Ma è anche il ritratto caleidoscopico e dolceamaro di un Paese che ha attraversato secoli di storia, di una società multietnica che proprio lì, a Bucarest, diventava un mosaico composto da tasselli di svariata provenienza – ebraici, greci, rurali, borghesi, gitani, balcanici – e di aspirazioni come quelle che volgevano lo sguardo a Parigi.
Bucarest, con uno stile lirico e uno sguardo arguto, è anche il resoconto di ciò che è accaduto prima e dopo la caduta del Comunismo. Premiato con un grande successo di critica e pubblico, candidato e vincitore di prestigiosi premi letterari, si presenta come un grande esempio di reportage capace di raccontare un mondo e un’epoca prendendo le mosse da una città.

Nata nel 1985 e laureata in studi culturali alla MISH UW, Margo Rejmer è una scrittrice e reporter polacca. Ha pubblicato il romanzo Toximia (Parlesia, 2019) e successivamente il reportage Bucarest. Polvere e sangue per il quale ha ricevuto il premio Newsweek Teresa Torańska, il premio letterario Gryfia e la candidatura al Nike Literary Award, al Polityka Passport e al Beata Pawlak. Il suo reportage Błoto słodsze niż miód. Głosy komunistycznej Albanii – in traduzione per Keller – ha ottenuto il Polityka Passport, il premio della Fondazione Kościelskich oltre alla nomination al Nike Literary Award.

La Russia dietro le porte chiuse, di Stephan Orth, traduzione dal tedesco di Angela Lorenzini, collana Razione K(ELLER), pp. 336

Sinossi: Oligarchi e coltivatori di patate, kalashnikov e cetrioli sottaceto, cristiani ortodossi e hippy: Stephan Orth, reporter che sfrutta i “divani” della gente comune da oltre dieci anni si è messo in viaggio – prima degli eventi ucraini del 2022 – alla ricerca della vera Russia, al di là dei clichè e della propaganda. Si muove da Mosca via Volgograd a Grozny verso sud, da Ekaterinburg via Irkutsk e il lago Bajkal a Vladivostok verso est. Incontra sostenitori e detrattori di Putin, appassionati di armi e machi amanti della vodka, ma anche molto calore, attrazioni sconosciute e paesaggi magnifici. Di divano in divano, di ospite in ospite, emerge un quadro più differenziato e personale. Stephan Orth è abilissimo nel raccontare in modo emozionante avventure che farebbero rizzare i capelli a chiunque e incontri sorprendenti.

Autore e giornalista tedesco pluripremiato, Stephan Orth ha studiato inglese, economia, psicologia e giornalismo. Dal 2008 al 2016 ha lavorato come redattore nel dipartimento viaggi di spiegel online prima di diventare autore freelance. Orth ha ricevuto più volte il prestigioso Premio Columbus per i suoi reportage e i suoi libri sono entrati nelle classifiche dei best seller in Germania. Tra questi L’Iran dietro le porte chiuse, La Russia dietro le porte chiude e La Cina dietro le porte chiuse (quest’ultimo in fase di traduzione) per Keller.

Oltre a questi reportage-saggi proposti da Keller, vi consiglio anche i reportage di viaggio di Erika Fatland:

Sovietistan, edito da Marsilio e tradotto da Eva Kampmann, pagg. 534, di cui vi ho parlato QUI

Il reportage descrive in modo diretto e partecipato il suo incredibile viaggio nei cinque paesi dell’Asia centrale, le contraddizioni e i paradossi, le diverse identità che li compongono e la storia millenaria che li ha formati, trovandosi tra est e ovest, sulla via della seta. Paesi che fino a vent’anni fa costituivano la periferia dell’Unione Sovietica  e che oggi hanno un volto completamente diverso. Il libro è scritto con un taglio giornalistico molto accattivante perché alla sua autrice di certo non mancano il sense of humor, solide conoscenze storico-archeologiche e geo-politiche, nonché la capacità di stimolare il desiderio di conoscere del lettore.

La frontiera. Viaggio intorno alla Russia, edito da Marsilio e tradotto da Sara Culeddu, Elena Putignano e Alessandra Scali, pagg.662, di cui vi ho parlato QUI

Questo lungo e intenso reportage storico-geografico nasce dalle due grandi passioni della Fatland: l’antropologia e la Russia. Fatland ha studiato il russo vivendo a lungo in Russia, conoscendo così, oltre alla lingua, anche la cultura e la storia, ma soprattutto la dusha, l’anima russa. Dopo il primo volume dedicato alle repubbliche ex-sovietiche, l’antropologa si è imbarcata in questo lungo viaggio intorno alla Russia, percorrendo i suoi sterminati confini con ogni mezzo di trasporto, per cercare di capire un così vasto paese osservandolo dall’esterno, dal punto di vista dei suoi vicini, al di là delle frontiere.

Bene, non mi resta che augurarvi buone letture e buon viaggio!

3 risposte a “Viaggi letterari: reportage, diario di viaggio, memoir by Pina Bertoli”

  1. Ci hai lasciato varie e notevoli approfondimenti culturali

    Piace a 2 people

    1. grazie, spero possano essere di vostro gradimento

      Piace a 1 persona

  2. Una serie di libri molto interessante. Ci vorrà tempo per leggerli, almeno in parte, a cominciare senza dubbio (per me) da Pianeta Caucaso e Abcasia.

    Davvero grazie della selezione.

    Piace a 1 persona

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