Schopenhauer in “Il mondo come volontà e rappresentazione” sosteneva che ” il soggetto comincia dove finisce l’oggetto”. Durante la conduzione dei colloqui clinici prendo spesso visione e coscienza dell’adagio dal filosofo indicato, specie quando i racconti raccontano di relazioni (intra ed interpsichiche).
Che cos’è un oggetto/ che cos’è l’oggetto.
(Accenni brevi e sparsi).
Rendere in poche e semplici parole il concetto di oggetto, attingendo alla matrice psicoanalitica, sembra essere un compito appartenente alle dodici fatiche di Eracle, (situandosi come la tredicesima). In psicoanalisi “oggetto” indica primariamente qualcosa di inerente alla pulsione (l’oggetto di una pulsione), si tratta pertanto di quel qualcosa (persona o cosa) che consente di giungere ad un soddisfacimento, questo senza avere particolari connotazioni proprio se non quella di allentare la tensione pulsionale del soggetto. La teoria freudiana, da alcuni tacciata di essere poco oggettuale, è sfumata dal marchio degli oggetti interni (non denominati in tal modo), quando, per esempio, si parla di Super-Io oppure di oggetti arcaici (padre dell’orda primitiva, Totem e Tabù, 1913). Sarà Melanie Klein ad ampliare e rendere la teorizzazione sugli oggetti interni, così come D. Winnicott.
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Metterei, a questo punto, da parte l’evoluzione dell’oggetto nelle opere degli autori testé citati, per giungere alla teorizzazione Lacaniana (anticipo che sarà soltanto appena citata).
In Lacan l’oggetto perduto diviene causa del desiderio; quell’oggetto quindi mancante -la sua mancanza- non l’oggetto in sé. Tale mancanza è elaborata in diversi modi (castrazione, frustrazione, privazione), in base ai diversi registri (immaginario, simbolico, reale).
E’ l’absentia che causa un effetto in praesentia.
Io come mio oggetto.
La mancanza dell’oggetto, la sua fantasmatica presenza, muoverà quindi la vita del soggetto. Mi capita non di rado di assistere a ricerche incessanti di questo oggetto del desiderio fino al punto in cui il soggetto (la persona, il paziente), non diventa oggetto del suo stesso oggetto (o almeno del suo fantasma), schiavo -in sostanza- di quel godimento irraggiungibile.
Si diviene feticci del proprio desiderio, richiamando quel narcisismo originario che non diviene più funzionale per la costituzione psichica del soggetto ma disfunzionale, portando il soggetto ad oggettificare se stesso.
Tutte quelle pratiche (cutting, scarificazioni, disturbi alimentari, etc) che attaccano il corpo, attaccano l’Io (essendo che l’Io è anzitutto entità corporea) e divengono modalità tragiche non solo di trovare risposta al significante enigmatico (chi io sono), ma sono modalità per (ri)trovare quel soddisfacimento, quell’oggetto di godimento primario che resta il corpo materno. La madre è infatti l’Altro. Il problema è che il bambino è a sua volta un qualcosa che deve sopperire a una mancanza materna (è suo malgrado comunque un sostituto insufficiente del mancante fallo materno).
La relazione dell’umano è quindi fin sa subito basata su richieste e mancanze. Su bisogni e frustrazioni.
E’ il padre con la sua straordinaria funzione castrante a situarsi come un NO al godimento materno (come soggetto e oggetto); il padre riposiziona i soldatini in fila e diviene la legge censoria.
Notiamo allora come tutto è legato; come ogni attore ha la sua necessaria parte.
Oggetto e soggetto sono destinati a rincorrersi; non possono sovrapporsi né annullarsi.
Sono tenuti in scacco dal desiderio che ha necessità di essere vivo e in continuo movimento. E’ impossibile pensare di sovrapporsi ai propri figli, di diventare i controllanti controllori che ora tutti vogliono essere (registro elettronico; amicizia sui social; geolocalizzazione). E’ impensabile rinunciare al desiderio tagliando fuori le relazioni umane “il mondo è cattivo, voglio stare per i fatti miei”; è impossibile essere il proprio oggetto di desiderio, pena: la distruttività e la morte personale.
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Restiamo soggetti in un mondo di oggetti.
Siamo desiderio.
Dott.ssa Giuseppina Simona Di Maio,
Psicologa Clinica, Albo degli Psicologi della Campania n.9767
Esperta in Disagio giovanile, devianza sociale e comportamenti a rischio,
Esperta in malessere adolescenziale e adolescenza
Psicologa scolastica,
Svolge attività di prevenzione, diagnosi e cura per la persona, i gruppi, gli organismi sociali e la comunità





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