“Grande era la sua ripugnanza, grande anche la sua paura, e sincera la sua volontà di proteggere, fino alla fine, ciò che era suo, contro ciò che era fuori, contro il nemico dello spirito dignitoso e sereno. (p. 125, Thomas Mann, Morte a Venezia).

Qualche tempo fa, parlando con mio cugino, il signor H., che vive a Barcellona, ​​ci siamo ricordati che sua madre e una mia zia, la signora R., sono state due donne eccellenti che ci hanno guidato con affetto prima ancora che sapessimo che saremmo emigrati e che le nostre vite avrebbero riscoperto altri sapori e altri modi di riflettere sui silenzi. Mi ha detto:

—Voterò come italiano alle elezioni europee. Sorrisi, avrei votato come spagnolo (anche se avrei potuto farlo anche come italiano). Poi fummo onesti su quali sarebbero state le nostre opzioni.

L’emigrazione (di milioni di persone) è una somma di vantaggi e svantaggi. C’è chi sceglie, come nel nostro caso, oppure chi va con la famiglia. Mi riferisco ai bambini arabi di 12/14 anni che trascorrono 10 mesi qui (in Spagna) e due in Marocco. Questo netto contrasto tra lingua, abitudini e religione li accompagnerà per tutta la vita. Lasciano lì i loro nonni, quella parte della famiglia che custodisce i ricordi e i patti di sangue, amore e risentimento che possono esistere in qualsiasi famiglia o in qualsiasi città perduta. E la perdita di quei ricordi è un prezzo alto.

Abbiamo riso mentre questa riflessione si sviluppava, rendendoci conto che stavamo votando in due paesi diversi. L’Europa è la nostra casa comune, come lo è stata per tua madre e tua zia, e per coloro che emigrarono dall’Italia intorno al 1890-1900. Avere una casa comune aiuta ad attenuare i nostri disaccordi nelle lotte quotidiane. Ma quel dolore deve essere superato. Quei ricordi devono essere ammucchiati in soffitta e poi, col tempo, rimossi lentamente e senza fretta, le scene e gli accordi, e guardati con occhi diversi. Con la maturità compaiono risultati indesiderati.

Penso sempre a questi giovani arabi, o ai giovani ecuadoriani, o agli argentini (più aperti e riciclabili, ma con quei ricordi sulle spalle). Oppure quando leggo che il 9,50% degli spagnoli è di origine africana, posso già misurare il gigantesco cambiamento che sta avvenendo nella società spagnola. Ciò genera gradualmente ciò che Thomas Mann definisce: “Grande era la loro ripugnanza, grande anche la loro paura, e sincera la loro volontà di proteggere, fino alla fine, ciò che era loro”, che alcuni europei devono provare di fronte all’arrivo di tanti emigranti.

La Casa comune europea, dopo due guerre mondiali combattute tra gli europei per stabilire un quadro di riferimento e rispetto per le nostre differenze, ha lasciato il posto a 80 anni di fiducia nella tolleranza. Continueremo così?

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