L’età del disincanto, di Jane Smiley, La Nuova Frontiera 2025, traduzione di Valentina Muccichini, pp. 128
Ho conosciuto questa autrice leggendo il suo romanzo Erediterai la terra (vedi mia recensione), opera che le è valsa il Premio Pulitzer e il National Book Critics Circle Award. Il romanzo è un’audace rivisitazione della tragedia shakespeariana Re Lear, che capovolge completamente la prospettiva narrativa. Ora, sempre La nuova Frontiera editore porta in Italia questo nuovo romanzo.
«Non sarò mai più felice». Un sussurro, una confessione che deflagra come un’onda d’urto nell’apparente quiete di un matrimonio. Con queste parole taglienti, pronunciate da Dana dal sedile posteriore di un’auto, Jane Smiley ci introduce senza preamboli nel cuore pulsante e dolente de L’età del disincanto. Ciò che per Dave, suo marito, era una solida costruzione fatta di anni condivisi, tre figlie e una clinica dentistica gestita insieme, inizia a incrinarsi inesorabilmente, lasciando presagire un futuro di incertezza e disillusione.
Convinto che un altro uomo abbia rubato il cuore di Dana, Dave imbocca una strada tanto paradossale quanto umanamente comprensibile: fingere di non sapere. In questo limbo sospeso tra la consapevolezza e la negazione, Smiley orchestra una sinfonia di silenzi carichi di significato, di sguardi sfuggenti e di gesti quotidiani che si tingono di un’ombra inquietante. La tensione cresce pagina dopo pagina, insinuandosi come un’ossessione silenziosa nei pensieri più banali e nella routine familiare, trasformando la normalità in un campo minato emotivo.
La maestria di Jane Smiley risiede nella sua capacità di esplorare con una lucidità quasi chirurgica le dinamiche sottili che minano l’intimità di una coppia. Non ci troviamo di fronte a un melodramma conclamato, ma a una disamina acuta e penetrante di come il sospetto possa deformare la realtà, incrinare la fiducia e ridefinire completamente la nostra percezione dell’altro. La scelta di Dave, lungi dall’essere una soluzione, si rivela una lente d’ingrandimento sulle sue paure e sulla sua incapacità di affrontare il cambiamento, intrappolandolo in una spirale di angoscia silenziosa.
Attraverso la lente della crisi coniugale, Smiley allarga lo sguardo all’intero nucleo familiare. Le tre figlie, pur non essendo al centro della narrazione, percepiscono l’eco di questo disincanto, vivendo in un’atmosfera di non detto che increspa la superficie della loro quotidianità. L’autrice ci mostra come la fragilità del legame di coppia possa riverberarsi sull’intero sistema familiare, lasciando cicatrici invisibili.
L’età del disincanto non è solo la cronaca di un matrimonio in crisi, ma una riflessione universale sulla precarietà delle relazioni, sulla difficoltà di comunicare apertamente e sulla vertigine che si prova quando le certezze vacillano. Lo stile di Smiley è incisivo e introspettivo, capace di scavare nelle pieghe più nascoste dell’animo umano senza mai cadere nel giudizio. Ci restituisce un ritratto potente e autentico dell’intimità familiare nel momento in cui un’emozione inattesa ne capovolge ogni equilibrio.
Un testo essenziale e intenso che, con una prosa elegante e misurata, ci costringe a confrontarci con la fragilità dei nostri legami e con la facilità con cui la realtà può distorcersi sotto il peso del sospetto, trasformando la quotidianità in un terreno emotivo instabile; un romanzo intenso e riflessivo, ideale per chi apprezza le narrazioni psicologiche che scavano nella complessità delle relazioni umane e nella fragilità delle certezze.
Jane Smiley è nata a Los Angeles nel 1949 ed è autrice di una ventina di opere di narrativa e saggi. Ha ricevuto il Premio Pulitzer e il National Book Critics Circle Award per il romanzo Erediterai la terra. Tra le sue opere, The Greenlanders (1988), The Age of Grief (1987) e, negli ultimi anni, la trilogia composta da Some Luck (2014), Early Warning (2015) e Golden Age (2015). Dal 2001 è membro dell’American Academy of Arts and Letters.





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