A Roma non ci sono le montagne, di Ritanna Armeni, è un romanzo che racconta, minuto per minuto, l’attentato di via Rasella, a Roma, il 23 marzo 1944. Come molti sanno, i GAP (formazioni di Resistenza urbana presenti in diverse città italiane) organizzarono un grosso attentato nel giorno del 25° anniversario della fondazione del Movimento dei Fasci e delle Corporazioni, avvenuta il 23 marzo 1919: nel 1921 il Movimento si sarebbe trasformato nel PNF, Partito Nazionale Fascista. Un gruppo di ragazze e ragazzi giovanissimi, membri del GAP romano, partecipò all’azione: un carico di tritolo nascosto in un carretto da spazzino fu fatto scoppiare in via Rasella, nel centro di Roma, nel momento in cui passava una colonna di soldati della Wehrmacht, causando la morte di 33 militari e di uno sfortunato ragazzino romano che passava di lì. All’attentato seguì la rappresaglia tedesca, la strage delle Fosse Ardeatine, dove furono fucilate 335 persone.
Ritanna Armeni racconta per filo e per segno le penose due ore in cui i partigiani impegnati nell’azione presidiarono la strada e le vie limitrofe, due ore penose perché i soldati tedeschi, che di norma passavano da via Rasella tutti i pomeriggi intorno alle 14, quel giorno tardarono fin quasi alle 16, tanto che il responsabile dell’operazione, Carlo Salinari, stava per dare l’ordine di annullare l’azione e ritirarsi. Snervanti quelle due ore, Armeni le ricostruisce immaginando le azioni e i pensieri di alcuni dei protagonisti dell’attentato: Rosario Bentivegna, Carla Capponi, Carlo Salinari, Franco Calamandrei, Marisa Musu, Maria Teresa Regard… L’autrice intervalla alla narrazione di quei terribili momenti di attesa episodi relativi ad altre azioni compiute dai GAP, ricostruendo un anno e mezzo di Resistenza romana dall’inizio dell’occupazione tedesca nel settembre 1943.
Dal punto di vista storico, l’ho trovato ben fatto, dettagliato e preciso; io, che per scrivere Gli ingranaggi dei ricordi, dove in parte si parla dello stesso episodio, mi sono letta parecchi libri di storia, tra cui l’imperdibile Storie di GAP di Santo Peli, ho senza dubbio preferito i testi storici alla rielaborazione romanzesca, però trovo che per chi non conosce bene i fatti e desidera leggerli in forma accessibile e tutto sommato piacevole, nonostante l’argomento drammatico, sia un ottimo libro.
Dal punto di vista narrativo l’ho trovato un po’ noioso perché quelle due ore non passano mai per Rosario, Carla e gli altri ma non passano mai neanche per il lettore. Ma la vera ragione per cui l’ho letto è stata un’altra: volevo capire se nel romanzo si parlava di uno degli uomini che parteciparono all’azione, il mio prozio Silvio Serra, che non ebbe un ruolo di spicco nell’attentato, era semplicemente uno di quelli che presidiavano la zona, ma che nella Resistenza romana e poi nelle battaglie di fine guerra ebbe un ruolo importante, tanto che gli fu attribuita, postuma, la medaglia d’oro al valor militare. Ecco tutto ciò che ho trovato su di lui nel romanzo di Ritanna Armeni.
A pagina 39, “All’angolo con via del Boccaccio c’è Franco Calamandrei, detto Cola. Dietro di lui Raul, Francesco e Silvio”.
A pagina 40, “Silvio è uno studente di giurisprudenza, audace come pochi”. Magari Ritanna poteva documentarsi un minimo e dedicare una paginetta anche a Silvio, audace come pochi. Magari anche solo dargli un cognome… A me avrebbe fatto piacere. Ma devo riconoscere che tuttora, come dice il Dizionario della Resistenza Einaudi, Silvio Serra è “un eroe sconosciuto”.





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