Di Gianluca Mantoani

Il 16 settembre del 1982 non avevo ancora compiuto 14 anni e da un paio di giorni avevo iniziato la prima superiore. Il mondo era strano, tutto da scoprire, terribile anche. Mi fece una impressione che non ho più scordato la notizia del massacro compiuto dalla milizie cristiano-libanesi con l’appoggio dell’esercito israeliano nei campi profughi palestinesi di Sabra e Chatila, vicino a Beirut. Campi circondati e violenza per diversi giorni, alla fine nessuno ha potuto contare le vittime, le stime vanno da 900 a oltre 3000. Tanto ne rimasi impressionato che cinque anni dopo, quando iniziò la prima Intifada e gli uomini, le donne, perfino i bambini reagirono alle violenze dell’esercito israeliano lanciando loro pietre raccolte da terra, la mia mente ritornò subito a quegli episodi.

Avevo già quella malattia dello spirito che spinge a mettere su carta e in versi il proprio sentire e scrissi allora tre poesie che ripropongo adesso, con la triste consapevolezza che da allora le cose sono molto peggiorate.


AI BAMBINI DI SABRA E CHATYLA

schiuditi presto, fiore, per non morire

nella fragranza fresca di settembre;

piccolo pensiero nell’oscurità, nell’immensità

nella paura della notte, in Libano e in Palestina.

Fra il mare e il Giordano si muore

e si resiste fra il Giordano e il mare.


GENERALI DELLE PIETRE

generali giovani delle pietre

arenarie sanguinanti, bimbi

reclutati alla fionda,

e inarrendevoli donne

della resistenza. Costrette

come sempre a vincere

per esistere


INTIFADA

Scorre come fra pietre di rotondi

levigati, vecchi, scivolosi ciottoli

come musica d’acqua

il torrente della tristezza e della

rabbia.

In ginocchio, costretto a salutare

i suoi assassini, l’ombra di un uomo,

sul muro bianco, piange


[ Immagine in evidenza : Pulitzer 1983 – Bill Foley (Associated Press) Un civile passa veloce in bicicletta attraverso il campo di Sabra a Beirut Ovest. È il 18 settembre del 1982 e a terra ci sono alcune delle centinaia di vittime del massacro perpetrato dalle milizie cristiane libanesi nell’area controllata dall’esercito israeliano. ]

Una replica a “Intifā’ḍah: “scuotimento””

  1. Commentare significa piangere per tutte le vittime sacrificali delle guerre e per una umanità senza memoria né sapienza.

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