Castorp a un certo punto della storia vede il dentro di sé stesso, comprende la malattia e così la morte e così la vita. Quello che mi è più o meno successo oggi mentre guardavo la mia scrivania piena di cose che non utilizzerò mai, appendici di un ‘dopo’ che non arriverà mai.
Mi fermo qui. Oggi il qui è una finestra aperta sul balcone caldo; il rumore delle ambulanze che in un andirivieni comunicano urgenze sconosciute; l’uccello della vicina che canticchia note di inconsapevole prigionia; la felce di mia nonna e il suo basilico che sono le poche cose di materiale rimastemi.
Mi fermo qui, a metà tra un ricordo e un proposito di futuro che spera di contenermi di più. Questa sosta non era prevista, non erano previste le parole, né l’assenza di cui mi fregio tra queste righe.
Mi fermo qui, mentre con il corpo vado nell’altrove che il lavoro chiede. In quel ‘qui’ dove non vorrei vedermi. Ma scomodando Sartre non possiamo che rivolgere a noi stessi la preghiera dello smarrimento:
“Non si fa quello che si vuole. Tuttavia si è responsabili di quello che si è.”
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[ Immagine in evidenza : Andrei Tarkovsky, Nostalgia (1983) ]





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