Di AFAN Alessandro Fantini

“Di chi sei figlio tu?”

Oggi come ieri, specie nelle realtà di provincia, il primo e a volte unico parametro col quale si viene identificati ed (eventualmente) valutati come individui degni di considerazione sociale, è il fatto di discendere da una figura genitoriale o da una rete familiare che goda già del rispetto e del riconoscimento di una comunità. Il poter essere anche entità con una personalità, una sfera valoriale e un talento indipendenti dalla propria discendenza finisce con l’essere un dato del tutto secondario e, talvolta, persino penalizzante nel processo d’inserimento nella vita pubblica o nel mondo del lavoro.

Per estensione, nell’era della pervasività mediatica, il requisito dell’affiliazione, sia essa di natura parentale, amicale o clientelare, tende ad assumere la valenza di un vero e proprio discrimine ontologico, per cui spesso è più semplice e rapido ottenere uno status di meritorietà e quindi un simbolico diritto ad “esistere” in quanto “figli di”, “marito di”, padre di”, “compagno di” personaggi dalla carriera, prestigio, fama e/o successo conclamati.

Di converso, con l’esacerbarsi del modello turbocapitalistico del “self-made man” e del culto dell’iper-individualismo incentivato dal desiderio (di per sé psicologicamente legittimo) di autodefinirsi come identità, si rischia di divenire prede di derive egotistiche che, complice la rapidità d’accumulo di smisurate ricchezze intangibili (vedasi il fenomeno delle criptovalute), così come la bulimia da visualizzazioni di cui soffrono coloro che sfuggono all’anonimato scoprendosi influencer e politici che sovra-alimentano il proprio ego tramite il falso rapporto diretto con elettori declassati a ciechi seguaci, possono trascinare ai confini della megalomania elevata a postulato assoluto dell’esistenza. Passare dal “conquistare un seggio” a “vincere cento concorsi” fino a immaginare di “prendere possesso di un esopianeta” o “invadere l’aldilà con droni di creta”, come canto nel mio brano “Indiescendenza”, è solo questione di una manciata di post e qualche milione di like e bitcoin.

Forse solo nell’atto creativo ed artistico, puro quanto innocuo gesto di emulazione dell’empito divino che assolve dal sentirsi divinità in terra, è concesso all’individuo di riscattare le sue manie e trovare un senso all’antilogia perenne in cui è condannato a dimenarsi tra il voler essere il tutto e l’inconsapevole tendere al nulla lungo la strada della sua egoistica negazione. In alternativa all’anestetico ideologico dell’illusione digitale e della propaganda egoriferita, la fantasia e l’immaginazione possono ancora offrire la più umana e soave occasione di svanire e rinascere innumerevoli volte, lontano dall’incubo dell’onnipresente unicità.


“Del tuo sonnifero non ho bisogno,

Con un colpo di reni rinasco dentro il mio sogno”

Dal refrain del brano “Indiescendenza” dall’album di Afan Alessandro Fantini “EGO REFLUO”


Afan Alessandro Fantini – Herald of sandy flower (Retroselfportrait) 50×50 cm, Olio su tela, 2024

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