“Lo senti? Lo senti?” ripeteva saltellando da un piede all’altro. Portava il palmo della mano dietro l’orecchio, convinta di poter amplificare il suono di cui parlava.
Leo sorrideva a mezza bocca. Quella ragazza stravagante solleticava il suo umore. Una sigaretta accesa gli fumava tra le dita; gli ultimi raggi di un pomeriggio estivo esaltavano il suo profilo spigoloso.
“Allora? Lo senti o no?” gli chiese in tono perentorio, prolungando la vocale finale con la bocca aperta in un cerchio perfetto. Non lo guardava mai in faccia. Il suo sguardo era sempre appoggiato su un orizzonte immaginario.
“Non saprei” rispose Leo, messo con le spalle al muro.
La ragazza sembrò passare oltre, incurante della risposta. “È così che mia madre ha scelto il mio nome: Margherita”. Chiuse gli occhi e si lasciò cadere in mezzo ai pennacchi biondi. Ora Leo non riusciva più a vederla. Si avvicinò, perciò, perplesso, per scrutare il suolo. La vide stiracchiarsi beatamente in mezzo a quella distesa.
Una risata crescente si levò nell’aria insieme a un gruppo di rondini festose.
“A testa in giù sei irresistibile” disse infine Margherita e afferrò un lembo della t-shirt di Leo per trascinarlo a sé.

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