La mia adolescenza è stata segnata dalla lettura di due grandi classici: Dickens e Dostoevskij. Ho letto I fratelli Karamazov a quattordici anni, dopo aver visto il leggendario sceneggiato tv con quel cast incredibile, Corrado Pani, Umberto Orsini, Salvo Randone, Lea Massari, mostri sacri del cinema e del teatro dell’epoca.  Aver visto lo sceneggiato mi aiutò a capire qualcosa del libro, ma non tutto; l’impressione comunque fu grandiosa, e in ogni modo ho riletto i Karamazov da adulta. Negli anni ho letto gran parte della produzione di Dostoevskij, ho sempre preferito i grandi mattoni ai suoi libri più brevi, ho una predilezione per Delitto e castigo, anche questo letto almeno due volte, ma mi restava una nostalgia per L’idiota, che mi era sembrato all’epoca (la mia edizione economica Garzanti è del 1983) meraviglioso. Così, approfittando della chiusura estiva della biblioteca e della mia libreria di fiducia, annaspando in casa in cerca di qualcosa da leggere, ho trovato in seconda fila i due volumi e mi sono detta, ora lo rileggo…

Ora, io non sono certo in grado di parlare di Dostoevskij e dell’Idiota. Gente molto più preparata di me ha studiato e scritto. Quindi dirò solo poche cose su quest’opera straordinaria e sul mio amore per il suo autore. Dopo quasi 40 anni dalla prima lettura, io ricordavo solo che c’era questo personaggio, il principe Myskin, chiamato da tutti idiota (e tale considerato anche da sé stesso) a causa della sua epilessia. Epilessia di cui, come si sa, soffriva Dostoevskij stesso. E l’altra cosa che mi ricordavo era la parte finale, quando Myskin e un altro personaggio di cui non ricordavo il nome vegliavano il corpo di Nastasja Filippovna: nemmeno ero sicura su chi dei due l’avesse uccisa, Nastasja. E no, non è spoiler il mio, perché dei classici si presuppone che tutti sappiano tutto, e perché comunque il motivo per accollarsi 800 pagine di romanzo non è certo quello di sapere come va a finire. Ho riletto dunque L’idiota senza sapere nient’altro e leggendo mi sono resa conto di due cose. La prima, che a differenza di altre opere di Dostoevskij, qui non esiste una vera e propria trama. La seconda, che benché fatto esclusivamente di chiacchiere tra i vari personaggi e lunghe riflessioni, il romanzo riesce a essere avvincente, perché si crea al suo interno una tensione che tiene inchiodati alle pagine. Di che si tratta, dunque? Ecco, c’è questo principe Myskin… un giovane di 26 anni, di aspetto piacente, che arriva un giorno in treno a Pietroburgo: viene dalla Svizzera, dove è rimasto a lungo per curarsi, è di nobilissima origine ma non ha un soldo, non ha nemmeno bagaglio, solo un piccolo involto che porta in mano e non sa mai dove posare, e fa conoscenza con alcuni altri passeggeri di quello stesso treno, uno dei quali, guarda caso, è Rogozin, che diventerà il suo rivale nell’amore per la bella Nastasja. Il principe non conosce Nastasja, ma non appena sente il suo nome, e non appena ha modo di vedere una sua fotografia, ecco che prova un turbamento fortissimo, un sentimento che nemmeno lui sa definire e che si impadronirà completamente di lui. Anche Rogozin è completamente preso da Nastasja, e anche altri personaggi del romanzo, che si svolge in un arco di tempo di alcuni mesi, forse un anno. In questo periodo Myskin riceve un’eredità grazie alla quale diventa un uomo ricco; fa conoscenza con molte persone, intreccia amicizie, e va a trovare gli amici, e gli amici vanno a trovare lui, e ci sono conversazioni, litigi, riconciliazioni, scandali; Myskin non è affatto un idiota ma un giovane intelligente e sensibile, però si emoziona facilmente, e se si emoziona straparla, e se straparla poi si sente male, e se si sente male poi gli viene una crisi epilettica. Quanto a Nastasja, è una donna perduta, disonorata dal suo primo amante, e, secondo il parere di Myskin, è completamente pazza: e in effetti da pazza si comporta, fidanzandosi e sfidanzandosi, buttandosi tra le braccia di un uomo per poi fuggirne inorridita alla prima occasione e correre da un altro…

E dopotutto sono tutti abbastanza pazzi, i personaggi di questo romanzo, così come sono pazzi i personaggi di Dostoevskij in genere: stravaganti, bizzarri, eccessivi. È proprio per questa loro follia che io li amo tanto: il vecchio generale ubriacone che intrattiene gli amici raccontando aneddoti completamente inventati; la madre di famiglia capricciosa, emotiva, sempre in preda a sentimenti esagerati; il giovane tisico che vuole fare una bella uscita dal mondo ma non ci riesce ed è sempre arrabbiato con tutti e soprattutto con la vita che gli sfugge; la ragazza bella e volitiva, che ama e disprezza Myskin, lo adora e ne teme le stranezze, lo trova ridicolo e lo guarda con gli occhi scintillanti di sdegno… 

Ecco, mentre Delitto e castigo e I fratelli Karamazov sono ricchi di azione, nell’Idiota non succede niente, o meglio, succede che in diversi si contendono sia Nastasja Filippovna che Aglaja Ivanovna, e tutti sono travolti da passioni irrefrenabili e da attacchi di pura follia…

E, ops, non l’ho detto: scrivendo L’idiota Dostoevskij si prefiggeva il compito di creare un personaggio completamente buono, ma per farlo essere tale l’ha dovuto inventare ingenuo, strambo, matto, epilettico… in una parola, idiota.

3 risposte a “L’idiota, di Fëdor Dostoevskij – non una recensione Di Marisa Salabelle”

  1. Il libro l’ho letto e ripensato diverso tempo fa. Ma questa presentazione affettiva e solo apparentemente informale me l’ha fatto rileggere mentalmente con una sinteticità di presentazione ed una messa a fuoco libera e mirata insieme. Mi piace scorrere su wikipedia le trame dei maggiori romanzi e delle mise-en-scène di interesse ‘bibliotecario’ ( nel senso della varietà di lettura, più che della completezza del catalogo). E questo articoletto fa apprezzare tutta la differenza tra l’enciclopedismo di wiki e il taglio in soggettiva…che non rinuncia all’informazione. Corro subito a rileggere tutto, perché veramente lo fa piacere anche a chi non stava pensando a questi russi….quelli che scrivevano, intendo…

    Silvia GOi

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  2. […] L’idiota, di Fëdor Dostoevskij – non una recensione Di Marisa Salabelle […]

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  3. Grazie per questo apprezzamento, che mi è particolarmente gradito. Io non sono una critica letteraria e qui su Masticadores ho parlato di molti libri, mettendo sempre in evidenza le mie impressioni di lettrice comune, non del tutto incompetente, certo, ma non professionale: il libro come l’ho letto io, cosa ha detto a me, nella speranza che dica qualcosa a qualcun altro!

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