1915 – 2014
Riassumere Eli Wallach in una sola definizione sarebbe impossibile perché, in più di cinquant’anni di carriera, l’attore si è dimostrato credibile in ogni genere, nei western, ma anche nei drammi e nelle commedie. Merito, probabilmente, del metodo Stanislavskij di cui è stato uno dei primi e più importanti esponenti. Interprete di grande talento e versatilità, Wallach ha sempre alternato, durante tutta la sua carriera, l’attività teatrale a quella cinematografica. Sotto la direzione di registi come Elia Kazan, John Huston, Sergio Leone, e poi Coppola, Polański, William Wyler e Oliver Stone, ha ricoperto sempre ruoli importanti in film di prestigio, e ha fatto di ogni cameo una caratterizzazione di rilievo.

Eli Herschel Wallach nasce a Red Hook, un quartiere di Brooklyn, il 7 dicembre del 1915, da due immigrati polacchi di origine ebraica. Laureatosi in storia all’Università del Texas, si perfezionò due anni più tardi al City College di New York con l’intento di intraprendere la carriera di insegnante. La passione per la recitazione lo spinse però ben presto a studiare prima con Sanford Meisner alla Neighborhood Playhouse School e poi con Strasberg all’Actors Studio.
L’esordio in teatro avviene nel 1945, a Broadway, e nel 1951 ottenne un grande successo esibendosi ne La rosa tatuata, di Tennessee Williams, per cui vinse anche il Tony Award. Il successo a Broadway gli apre le porte del cinema, dove esordisce nel 1956 con Baby doll – La bambola viva, sotto la direzione di Elia Kazan: qui disegnò con grande finezza espressiva il personaggio dell’ambiguo industriale del cotone, che rivaleggia con il protagonista impersonato da Karl Malden.

Nel successivo Crimine silenzioso (1958) di Don Siegel, tratteggiò la figura di un gelido killer. Sempre in un ruolo da villain si mise definitivamente in luce con il capo banda messicano Caldera de I magnifici sette (1960) di John Sturges. John Huston gli affidò invece un ruolo un po’ più romantico nel suo Gli spostati (1961), dove interpreta con grande naturalezza uno dei cacciatori di cavalli selvatici, innamorato della fragile Roslyn, interpretata da Marilyn Monroe. Successivamente lavorò accanto a Peter O’Toole sia in Lord Jim (1965) di Richard Brooks, in cui è il Generale, capo di una banda di malviventi, sia nella commedia del 1966 Come rubare un milione di dollari e vivere felici, di William Wyler, in cui impersona un simpatico collezionista d’arte.

Resosi conto della sua versatilità, Sergio Leone seppe sfruttarne al meglio la vena buffonesca nel suo capolavoro Il buono, il brutto, il cattivo. Senza nulla togliere alle altre interpretazioni, Wallach deve gran parte della sua popolarità al ruolo di Tuco Ramirez, il ‘brutto’ protagonista del film di Leone, un personaggio farsesco che si rivela una figura centrale della storia. Wallach diventa vero e proprio elemento di novità rispetto ai due film precedenti della trilogia, Per un pugno di dollari e Per qualche dollaro in più, dove avevano già recitato sia Clint Eastwood che Lee Van Cleef.

Il personaggio del ‘brutto’, fornito di un lato umoristico e caratterizzato magistralmente dal talento comico di Wallach, finisce per emergere nel film rispetto al ‘buono’ e al ‘cattivo’. La centralità del personaggio interpretato da Wallach la percepiamo lungo tutta la trama, scandita spesso dalla sua comicità: Tuco Ramirez è capace di sdrammatizzare gli eventi, di trovare sempre e comunque una via d’uscita, di sopravvivere anche quando appare spacciato. Ed è su di lui che cala giustamente il sipario alla fine del film.

Divenuto improvvisamente un divo a livello internazionale, Wallach tenne a battesimo con verve il duo Bud Spencer-Terence Hill nel picaresco I quattro dell’Ave Maria (1968) di Giuseppe Colizzi. Dopo questo, prese parte ad altri spaghetti western, come Viva la muerte… tua! (1971), di Duccio Tessari, e Il bianco, il giallo e il nero (1975), di Sergio Corbucci, ma anche a polizieschi come Squadra antimafia (1978) di Bruno Corbucci, in cui interpretò un mafioso, accanto a Tomas Milian. Grazie al gran numero di film girati in Italia, era arrivato a parlare perfettamente l’italiano. Dopo essersi dedicato per un po’ alla televisione, Wallach è tornato al cinema con il dramma Pazza (1987) di Martin Ritt, per poi prender parte a Il grande inganno (1990) di Jack Nicholson, seguito di Chinatown.

Sempre nello stesso anno ha interpretato con classe il mafioso Don Altobello ne Il padrino ‒ Parte terza, di Coppola. Nel 1992 ha lavorato con Robert De Niro in due diversi film: Amanti primedonne, di Barry Primus e La notte e la città, di Irwin Winkler. Nel 2000 è stato diretto dall’esordiente Edward Norton nella commedia Tentazioni d’amore, in cui interpreta la parte di un rabbino. Quasi novantenne ha disegnato un divertito cameo in Mystic river (2003) diretto dal suo vecchio amico Clint Eastwood. Quando, nel 1966, Wallach aveva conosciuto Clint Eastwood sul set de Il buono, il brutto, il cattivo, i due erano diventati subito grandi amici grazie anche alla loro complementarietà: Eli era un tipo chiacchierone e alla mano, Clint, al contrario, era un uomo riservato e silenzioso, ma sempre disposto ad ascoltare gli altri. È in virtù di questo legame così profondo che, quarant’anni dopo, Eastwood richiamerà Wallach per il suo Mystic River, affermando: «Poter lavorare con Eli è stato uno dei più grandi onori della mia vita».

E Wallach non si ferma: continuerà a lavorare fino alla fine, anche in produzioni più moderne come L’amore non va in vacanza (2006), New York, I Love You (2009) e Wall Street – Il denaro non dorme mai (2010). La sua ultima apparizione è come guest star in una serie TV, Nurse Jackie – Terapia d’urto, interpretazione che gli è valsa la candidatura agli Emmy Awards. Nel 2011, infine, è stato premiato con un Oscar alla carriera.
Eli Wallach si è spento a 98 anni, il 24 giugno 2014.
Dal 1948 era sposato con una collega, l’attrice Anne Jackson, che gli ha dato tre figli: Peter, Roberta e Katherine.

«Non recito per vivere, vivo per recitare»
FONTI: Enciclopedia del cinema, Treccani – ecointernazionale.com – esquire.com





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