Edgardo Franzosini è uno scrittore di grande valore, molto singolare nel panorama italiano. La sua specialità sono le biografie di personaggi stravaganti, curiosi, fuori dagli schemi, che ricostruisce con grande meticolosità studiando tutti i documenti disponibili e che integra nei punti lacunosi con la sua fantasia e le sue intuizioni. Storie vere, quindi, di persone vere, ma con un pizzico di invenzione. Memorabili, per me, Raymond Isidore e la sua cattedrale (Adelphi, 1995), Questa vita tuttavia mi pesa molto (Adelphi 2015), Il mangiatore di carta (SugarCo, 1989, riedito nel 2017 da Sellerio). Per farsi un’idea del tipo di personaggi che colpisce l’immaginazione di Franzosini, Raymond Isidore, detto Picassiette, era il custode del cimitero di Chartres, che costruì una cattedrale fatta di materiali di scarto, pezzetti di vetro, latta, ceramica; Rembrandt Bugatti, protagonista di Questa vita tuttavia mi pesa molto, era “il Bugatti sbagliato”, quello che realizzava sculture di animali e non quello che ha fondato l’omonima casa automobilistica, un tipo strano, instabile, soggetto a depressione e morto suicida dopo aver assistito alla strage degli animali dello zoo di Anversa durante la Prima guerra mondiale. Il mangiatore di carta, infine, era un giovane scrivano svedese vissuto nel XVIII secolo, Johann Ernst Biren, noto per un suo strano e insanabile vizio: quello di mangiare carta.
Erano alcuni anni che Franzosini non pubblicava un nuovo libro, ed ecco che pochi mesi fa è uscito per Feltrinelli Per espresso desiderio. Il protagonista di questa nuova opera è Paul Léautaud, poeta, scrittore e critico teatrale francese nato nel 1872 e morto nel 1956. Edgardo Franzosini affronta un unico aspetto della biografia di Léautaud, ovvero il suo tormentato rapporto con la madre, che lo abbandonò appena nato e che lui rivide pochissime volte in tutta la sua vita. Jeanne Forestier era un’attrice, sedotta da Firmin Léautaud, impresario teatrale e grande donnaiolo, appena sedicenne: ma la maternità non faceva per lei che lasciò il piccolo in fasce per portare avanti la sua carriera e che in seguito si sposò con il dottor Hugues Oltramare, professore ordinario di dermatologia, membro di una delle più importanti famiglie di Ginevra. Con lui Jeanne ebbe altri due figli, un maschio e una femmina, e questa volta non li abbandonò.
Franzosini ci presenta Paul Léautaud nel giorno in cui apprende dai giornali la morte della madre: è il 17 marzo 1916, lo scrittore ha 44 anni e vive solo, in condizioni di degrado, circondato da cani, gatti e altre bestiole di cui ha pieni sia la casa che il giardino. Ha davanti a sé il pacchetto delle lettere che per un breve periodo si è scambiato con la madre: ce n’è una, l’ultima, che non ha mai letto e non sa se affrontarla ora. Durante la sua infanzia Paul aveva visto solo alcune volte sua madre, l’ultima all’età di nove anni. Ricorda alcuni episodi, la volta in cui Jeanne l’aveva portato all’Opéra, la volta in cui erano andati in carrozza al parco… ma soprattutto ricorda alcuni momenti di intimità in cui l’aveva vista in camera, sul letto, semisvestita. Negli anni aveva spesso rievocato quei ricordi, ci aveva fantasticato sopra, vedendo la madre più come una bella donna affascinante che nel suo aspetto materno, in verità molto carente. Poi, nel 1901, Fanny, la sorella di Jeanne, era morta: Paul era partito per Calais, dove Fanny viveva con sua madre, per vedere un’ultima volta la zia e per aiutare la nonna nelle incombenze relative a funerale e trasporto della salma, ma soprattutto per vedere Jeanne, che a sua volta sarebbe venuta a dare l’ultimo saluto alla sorella. Questo incontro si trasforma in una sorta di romanzo d’amore tra madre e figlio: parole ed effusioni più appropriate a una coppia di innamorati che a una mamma e al suo figliolo ormai quasi trentenne, promesse di rivedersi, scambio di lettere per oltre un anno. Paul è ossessionato dalla figura di Jeanne, nutre per lei un sentimento che ha indubbiamente del morboso; la donna sembra assecondarlo, fino al momento in cui, via via che le profferte del figlio (fortunatamente solo epistolari) si fanno più insistenti, inizia a tirarsi indietro, assume un tono più freddo, infine interrompe la corrispondenza e gli ingiunge di non scriverle mai più. Un ordine che Paul disattenderà, continuando a inviarle missive senza risposta. Da quel giorno del lontano 1901 Paul Léautaud non rivedrà più sua madre. Il magistrale racconto di Franzosini si conclude nel punto in cui era iniziato, cioè in quel 17 marzo 1916 in cui viene a sapere che sua madre è morta. Tira fuori il pacchetto delle lettere che ha conservato gelosamente per tutti quegli anni: troverà il coraggio di leggere l’ultima?





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