Nelle situazioni in cui sentiamo minacciata la nostra integrità o lo stato di benessere, vi sono due tipologie di risposta che possiamo attivare, entrambe molto “primitive”, strategie difensive che mirano alla sopravvivenza poiché il genere umano ha essenzialmente il compito di sopravvivere e riprodursi.

La sensazione di pericolo può essere determinata dallo stress, da una relazione affettiva conflittuale, dalla perdita di una persona cara, da un ambiente di lavoro conflittuale… in queste situazioni possiamo attivare il meccanismo di lotta quando vogliamo contrapporci alle persone, alle situazioni e combatterle, oppure di fuga, quando sentiamo il bisogno di allontanarci o infine inibizione, quando siamo incapaci di fare qualsiasi cosa perché bloccati, prigionieri di situazioni o persone da cui non siamo in grado di liberarci.

Il secondo meccanismo, altrettanto atavico e funzionale alla sopravvivenza, è quello dell’attaccamento: in situazioni di forte pericolo sentiamo la necessità di vicinanza di figure di accudimento che possano proteggere, nella speranza che siano attente, sintonizzate, capaci di sostenerci. Talvolta tali figure sono distanti o ambigue: quelle che ci dovrebbero accogliere in realtà ci svalutano, oppure maltrattano o si allontanano, manifestando incapacità di prendersi cura. Ciò determina un attaccamento “disorganizzato” che si manifesta nella difficoltà di avvicinarsi a qualcuno, di vivere l’intimità come nutriente.


[ SiteLink : Uomini in cammino… ]


[ Immagine in evidenza : Pieter van Hanselaere – Susanna and the Elders, olio su tela, 1820, particolare ]


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