Le donne del mio Vate – ☾VI☽🖋️
Cap. 1b – Maria Gravina e Gabriele Dante
Anche se la passione amorosa tra Gabriele e Maria Gravina Cruyllas principessa di Ramacca e moglie del conte Anguissola di San Damiano, si estinse ben presto, Gabriele mantenne i rapporti con lei per molti anni, proprio a causa del mantenimento di Renata. Forse furono tutti quei titoli a farlo invaghire, lui era semplicemente il figlio di un borghese benestante che prima di essere adottato dal ricco zio Antonio D’Annunzio si chiamava Rapagnetta.
O forse fu il fatto che fosse alta di statura: si sa che agli uomini bassi piacciono le donne imponenti.
Qualche anno dopo la nascita di Cicciuzza, e dopo un aborto, i due ebbero un altro bambino, un maschietto che però non fu mai legittimato.
D’Annunzio sosteneva che non fosse suo, bensì figlio dello stalliere abruzzese Rocco Pesce al quale quell’ “erotica ninfomane solo assetata di sesso” si era concessa.
A volte penso che quel rifiuto di riconoscerlo fosse dovuto solo a motivi di convenienza: evitare un secondo processo per adulterio. Come avrebbe potuto una donna sana di mente preferire un uomo comune al mio grande amatore?
O forse aveva già intenzione di lasciare Maria, che riteneva quasi folle e che da anni gli stava rendendo la vita impossibile e gli impediva di lavorare.
Ho letto una sua annotazione risalente al 1894 in cui scriveva:
“Sono con una inferma, quasi folle, che passa il suo tempo a torturarmi con una incosciente ferocia”.
La contessa tuttavia si rivolse al tribunale affinché gli imponesse il riconoscimento anche di Gabriele Dante, ma non riuscì a ottenerlo nonostante il Vate non indicasse mai ufficialmente il nome del presunto padre del bambino.
Solo molti anni dopo, quando il figlio misconosciuto, che a Gabriele somigliava anche fisicamente, lo raggiunse a Fiume e divenne legionario d’assalto, il Vate scrisse di suo pugno una sorta di testamento spirituale in cui dichiarava: “Gabriele Cruillas Gravina, figlio della Principessa Maria Cruillas Gravina di Ramacca, è il mio figlio segretamente diletto che oggi la mia speranza consacra erede di tutte le mie sovranità effimere e perenni.”
So anche che gran parte dei nostri contemporanei illustri, tra cui il re e Mussolini, lo considerano figlio del Vate e anche Renata nelle lettere che scriveva a Bebe, come veniva chiamato in famiglia, parlava sempre di “nostro padre”.
Il mio grande Eroe si trovava a Fiume perché nel 1919 con alcune centinaia di legionari, che poi diventarono più di tremila. aveva deciso di occuparla. La popolazione di Fiume era per lo più italiana, ma il governo italiano e le potenze alleate si proponevano di incorporarla nel nuovo stato jugoslavo, una nazione raffazzonata sui resti dell’impero austro-ungarico. Quindi lui occupò la “città irredenta” e la governò come Comandante della Reggenza italiana del Carnaro per sedici mesi fino a quando fu costretto ad abbandonarla.
Dicono che sia stato lui ad anticipare gran parte del successivo sistema fascista: si definì “Duce” e creò molti dei suoi attuali rituali di massa, come il saluto fascista o la liturgia del guerriero caduto. Il suo concetto di uomo politico sembrava la fusione estetica di una personalità autocratica, teatrale e libertina.
Tornando alla comparizione in tribunale di Gabriele e Maria Gravina devo dire che non era una novità assoluta. I due vi erano già stati in precedenza, quando però Maria era schierata a fianco del mio Cantore, non contro di lui…
NOTA
Fiume, una città portuale situata in un’insenatura del mare Adriatico, appartiene ora alla Croazia e si chiama Rijeka
Ma dopo la prima guerra mondiale e la fine dell’impero Austro-Ungarico, la questione dello status di Fiume era diventato un importante problema internazionale creando dissidi tra il nuovo Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (poi divenuto Jugoslavia) che doveva riunire tutte le genti slave, e il Regno d’Italia.
Fiume però era popolata principalmente da cittadini d’origine italiana e ciò accese le ire dei nazionalisti, che cominciarono a parlare di “vittoria mutilata”.
La disputa portò a una situazione confusa che fu sfruttata da Gabriele D’Annunzio, che entrò in città acclamato dalla popolazione italiana e iniziò un periodo di occupazione proclamando la Reggenza italiana del Carnaro, di fatto l’indipendenza civile e militare della città in attesa dell’annessione all’Italia.
Quando poi venne firmato il Trattato di Rapallo che disegnava i confini italiani e jugoslavi, D’Annunzio rifiutò di riconoscere l’accordo e dovette essere espulso dalla città dalle forze regolari dell’Esercito Italiano, in seguito alle azioni del “Natale di Sangue” dal 24 al 28 dicembre 1920.
Continua

Le donne del mio Vate – ☾VII☽🖋️
Cap. 1b – Maria Gravina
La principessa Maria Gravina di Cruyllas di Ramacca si rivolse al tribunale per far valere il riconoscimento anche del figlio Gabriellino, ma non riuscì ad ottenerlo.
Non era la prima volta che i due si presentavano in tribunale. La volta precedente, però, Maria era al fianco del mio Poeta, non contro di lui. Era stato quando il marito l’aveva denunciata per adulterio dopo aver sorpreso i due amanti nell’appartamento al numero 9 di via Caracciolo a Napoli.
Maria si era trasferita là quando il conte Anguissola, in seguito a un crollo finanziario, era stato costretto a tornare a vivere dai genitori. Lei si era si rifiutata di seguirlo e aveva affittato quell’ appartamento per sé e i loro quattro figli.
Non era più necessario che raggiungesse Gabriele all’ Hôtel du Vesuve, da cui lui le scriveva “Mia cara amica, si avvicina l’ora. Siate coraggiosa e altera come sempre… Non vi preoccupate di nulla. Nessuna creatura umana sa camminare sul fango con nobiltà eguale alla vostra”.
Era qui che ora incontrava Gabriele, nonostante l’amante del momento, Barbara Leoni, gli avesse dato un “talismano” per tenerlo legato a sé e lontano dalle altre: una ciocca dei suoi peli pubici.
Fu proprio in questa casa che Maria non era riuscita a camminare nobilmente, senza sporcarsi, nel fango quando il marito scoprì gli amanti in flagrante.
Il mio Vate descrisse gustosamente la scena ad un amico:
“Siamo stati sorpresi, io e Moricicca (il soprannome che dava Maria ), dal marito! La scena fu tanto bizzarra che parrebbe inverosimile a raccontarla”
Dapprima il conte sfidò il rivale a duello, ma lui, chissà perché, rifiutò. Allora li denunciò.
La condanna a cinque mesi di reclusione, sospesa grazie a una regia amnistia, non scalfì minimamente l’ego di Gabriele che mi ha raccontato di aver dichiarato, prima di uscire dall’aula: “La legge dovrebbe impedire che un artista sia distolto dalle sue occupazioni più severe per un’ imputazione scandalistica di un vecchio gentiluomo dimentico della sua razza “
Forse quasi gioiva di questo nuovo scandalo: gli sarebbe stato utile, la gente avrebbe parlato di lui e le vendite dei suoi libri ne avrebbero sicuramente tratto giovamento. Forse il Conte si riferiva anche a questo, quando lo aveva definito un volgare “scribacchino”, “un arrivista senza scrupoli” che irretiva donne benestanti per farsi strada tra debiti e alcove.
Sì, anche questa volta la notizia gli avrebbe portato una buona dose di notorietà.
Il mio Gabriele è sempre stato molto abile nel far parlare di sé. Mi ha raccontato che quando uscì il suo volume di poesie “Primo vere” aveva addirittura ideato un ingegnoso espediente, cioè aveva fatto pubblicare la falsa notizia della sua morte cadendo da cavallo, e le vendite erano aumentate.
Il rapporto con Maria Gravina pian piano si deteriorò, il mio Vate odiava sentirsi soffocato dalla sua gelosia, che si stava quasi trasformando in un’ossessione patologica.
Fu allora che scrisse quella lettera all’amante precedente, Barbara Leoni, tra le cui righe lei avrebbe potuto percepire la fine della storia d’amore: “Sono in un tale stato di umiliazione e di sofferenza che, avendo dovuto rinunziare a tante dolci cose amate, ho rinunziato anche alla tua confidenza un tempo così consolatrice… Sono qui come un fuggiasco… vivo miseramente, sono poverissimo… In tutto questo tempo, intanto, ora non è passata che io non abbia pensato a te con amore e con infinito rimpianto, sicuro di averti perduta”.
Forse il “talismano” non era stato poi così inefficace!
continua






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