Una bambola dalle labbra rosse e gli occhi bistrati blu notte, vestita con un abito celeste d’altri tempi, ricco di merletti e di volant, è stata posata e dimenticata sul bordo di un armadio alto e austero come se fosse seduta sull’orlo di un precipizio. Ha lo sguardo rivolto verso il letto poggiato ai piedi della parete di fronte. Sotto la coperta è disteso un uomo dai capelli brizzolati, i lineamenti del viso sereni, il respiro affannato con un lento su e giù del torace, la bocca aperta con un evidente senso di soddisfazione, come se ricordasse momenti piacevoli, e mostra una fila di denti vagamente gialli.
La bambola ha la bocca sigillata come tutte le bambole di un tempo, ma il giocattolaio che l’ha costruita l’ha messa in grado di sentire e vedere donandole la vivacità negli occhi, staccati a una gatta imbalsamata, e il proprio cuore e cervello, nella folle speranza che potesse elaborare quel che vede.
Non è dunque quel famoso burattino di legno vivace e avventuroso. Immobile e silenziosa la bambola vede sente e riesce a pensare con il cervello ma anche con il cuore.
Il giocattolaio, nel montare ogni pezzo del mio corpo mi ha raccontato che in ogni epoca asceti, filosofi, poeti hanno messo in luce quante difficoltà incontra l’essere umano nel vivere. Ed è per questo – mi diceva – che sigillo la tua bocca. Avrai così la possibilità di sgattaiolare in silenzio da tutte le situazioni difficili che l’uomo pone a se stesso e soprattutto agli altri. E dicendolo sorrideva soddisfatto. Anche lui era un essere umano.
Non capisco quali piaceri possano provare gli umani.
Tutto ciò che ottengono lo perdono, tutti i piaceri finiscono, i dispiaceri si accumulano, si sommano e i malanni aumentano.
Pochi mesi addietro ho sentito che quest’uomo, steso sul letto là in basso, parlando e scherzando con un amico, diceva che la scienza prova a porre rimedio al processo debilitante degli anni, attraverso la ricerca e la sperimentazione erigendo barriere con nuovi ed efficaci medicinali.
Ma guardando quest’uomo mi è dolorosamente chiaro che l’età va tuttavia corrodendo il corpo sino al punto che l’essere umano diventa di anno in anno più debole, anche se tutti gli organi interni sono integri.
Da quel letto ho appreso tanto su ciò che all’essere umano piace in particolar modo. Discutere con gli amici di argomenti seri e argomenti futili con la stessa passione, e dimenticarli. Lottare per affermarsi, uccidere per ampliare il suo spazio vitale, desiderare il potere da cui sarà stravolto.
Ho visto donne tra le braccia di quest’uomo. Tutte con sguardi luminosi, che ridevano, scherzavano, gli portavano denaro e gioielli in cambio di un’ora d’amore o di promesse.
Anch’io sono il dono di una donna, che invece di ridere lo implorava, e gli diceva, posandomi sul bordo dell’armadio, che io avrei controllato la sua vita dall’alto. E così ho fatto. Ma senza voce, che altro potevo fare?
Coloro che adesso entrano in questa stanza con volti seri o vagamente sorridenti, seggono sul bordo del letto, gli parlano piano, sovrappensiero, preoccupati e un po’annoiati, infastiditi dal se non ci fossero loro…
Sanno bene che lui va perdendo quelle funzioni che gli permettono l’autonomia, che finirà per vivere in balia degli altri.
Non riescono neppure a dialogare con lui, perché la sua mente si rifugia nel passato, torna indietro con la memoria, cercando quelle soddisfazioni di un tempo, pone a paragone gli anni della giovinezza e quelli della maturità con il presente, giunge alla conclusione che il mondo ha perduto ogni fascino e ogni valore morale, culturale e politico.
Ma è un uomo fortunato perché verrà accompagnato sin sull’ultima soglia dalle persone che gli sono care, anche se non esenti da insofferenze verso una situazione che sembra senza fine e che comunque ha quella fine che tutti conoscono.
Tutto questo è ovvio.
Ma allora perché quest’uomo desidera vivere? Credo che il vivere degli umani non sia una scelta ma un dovere non voluto, imposto dall’istinto di conservazione, lo stesso che domina la vita degli animali.
Però gli uomini ne sono consapevoli. Non è per questo che creano simulacri dalle sembianze umane sempre giovani e pensierosi, specchio di se stessi, o donne estremamente belle, specchi dei loro desideri ? Non è per questo che io sto qui con le membra e le parti più sensibili congelate nell’eterna attesa?
Oh, burattinaio sei stato tu ad impormi l’attesa, mi hai costruito come se il mio destino fosse attendere.
Come tutti gli umani mi hai creato per illudere te stesso che l’attesa fosse eterna, potesse allontanare ogni decadenza fisica, potesse allontanare quella fine a cui tutti si rifiutano di pensare.
Bastava invece che avessi donato al mio cuore la sordità e alle labbra la possibilità di parlare.
Dall’alto di quest’armadio avrei guidato l’uomo – promettendogli l’eterna giovinezza, anche se in un’altra vita – e poi avrei dominato i suoi piaceri e comandato ai desideri delle sue donne e poi avrei consolato – bastano le parole – il lamento dei suoi parenti e poi esaltato lo stupore di tutti coloro che sarebbero venuti a vedere il fenomeno della bambola parlante e poi, infine col tempo, avrei dominato i gusti, le scelte le ideologie e la vita tutta dell’umanità intera. Senza cuore, o meglio col cuore di pietra, avrei impartito la giustizia, distribuito il vero amore, alimentato l’odio, acceso le illusioni. Tutto mi sarebbe stato possibile.
Oh, burattinaio, avresti costruito la più potente delle divinità.
Allora sì, sarei stata eterna, unica, vera.





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