By Gianluca Mantoani
Qualche “fatto”, recandosi all’ospedale, il Maresciallo Della Giovampaola ebbe modo di raccoglierlo: la cartella clinica raccontava di diverse costole rotte ed ecchimosi estese sul viso, alla base del collo, sulle braccia, anche sulle reni; era un po’ troppo, in effetti, per una semplice scivolata sul fango. Leggendo i documenti, sovrappensiero, percorse tutto il lungo corridoio e senza pensarci entrò nella camera che gli avevano indicato, dove alzando gli occhi vide all’improvviso Virginia dei Cani, stesa nell’ultimo letto vicino alla finestra. La trovò pallida, coi capelli corti, tagliati malamente; magra e minuta che quasi la testa scompariva nel guanciale bianco. Gli occhi neri, prigionieri fra le palpebre gonfie, erano accesi di febbre e di spavento. Della Giovampaola si fermò di colpo. Di Virginia aveva in mente la figura allegra, la voce alta, la risata rotonda, lo sguardo intelligente sotto la fronte sempre nera di polvere; davanti a lui, invece della vagabonda istruita che cantava arie di melodramma traversando le frazioni da Moncalieri a Vinovo, c’era una vecchia spaurita, febbricitante, smarrita in quel letto d’ospedale che attorno a lei risultava davvero enorme. Rimase così, appena oltre la soglia, con la bocca aperta e la scheda dell’ECA stretta nella mano sollevata a mezz’aria. Era impressionato e non gli capitava spesso.
Il maresciallo si accorse, solo in quel momento, di essere entrato troppo velocemente; il soprabito e i baffi neri portavano nella stanza d’ospedale il disturbo della strada; il rumore dei suoi passi lungo il corridoio aveva fermato le voci e alzato gli occhi dei presenti verso la porta. Sentì lo sguardo delle donne ricoverate e delle suore infermiere posarsi sopra di lui, con un misto di spavento e di malizia, bizzarramente mescolati. Aveva immaginato una visita più discreta ma, ormai, era tardi per rimediare. Mentalmente annotò di ringraziare Elvira quella sera.
Nella camera illuminata, ma non troppo rischiarata, si era allargato al suo ingresso un silenzio intimorito del quale, tuttavia, il Maresciallo non poteva accorgersi impegnato com’era a dissimulare il suo stesso disagio. Si accorse invece, ad un tratto, che la propria mano era rimasta sollevata a mezz’aria, coi documenti pinzati fra le dita e la abbassò repentinamente. Con un cenno del capo cercò poi di attirare l’attenzione della suora più vicina, senza produrre altro rumore inutile, mentre con l’altra mano si toccava il cappello, ad uso sintetico di saluto. Attese. Non ci furono reazioni. Dopo qualche istante ne ebbe abbastanza e ruppe il silenzio con un laconico e ufficiale: “Maresciallo Della Giovampaola; buongiorno” che gli parve però uscire rauco, quasi inciampando nei baffi; di modo che il suo disagio invece di risolversi ne crebbe ulteriormente.
La suora si avvicinò al Maresciallo, lentamente, sistemando con una mano alcune medicine dentro una scatola e senza mai guardarlo direttamente, col fare distratto di chi ha ben altro di cui occuparsi. Quando stava quasi per superarlo, sulla soglia della stanza, il maresciallo la fermò:
“Suor Maria Vittoria, buongiorno” le disse, questa volta in modo più fermo ma comunque usando il volume basso che si usa negli ospedali, per discrezione e per non disturbare.
“Cerea Maresciallo!” rispose invece questa, con squillante accento torinese e riempiendo l’aria con la sua voce decisa, al limite del canzonatorio.
Suor Maria Vittoria fece ancora un passo, alzando finalmente il viso dalle medicine e puntando su di lui due larghi occhi, grigi quasi come il ghiaccio ma curiosi e mobilissimi; in apparenza sempre sul punto di scappare in avanti e invece sempre attenti, vigili, incollati a quelli dell’interlocutore. Era una suora sulla trentina, non alta, rotondetta, dalle guance arrossate e dai modi franchi.
“E’ qui Virginia?” Le chiese il Maresciallo, fingendo di non saperlo già, un po’ per dissimulare il proprio disagio e un po’ per controllare di non essersi sbagliato.
“Ma come non la riconosce Maresciallo? Neanche lei?” fece Suor Maria Vittoria, stupita. ”E’ là nell’ultimo letto… Ed è molto agitata“
Della Giovampaola guardò nuovamente il letto in fondo, questa volta con più attenzione: Virginia era sveglia, con la testa girata verso la finestra, gli occhi socchiusi e gonfi; muoveva appena percettibilmente le labbra, come per una preghiera sussurrata o una canzone che risuonava solo nella sua memoria e sembrava non essersi accorta del suo ingresso. La studiò. ancora qualche istante; i lineamenti ancora gradevoli erano segnati da rughe profonde e da una magrezza che non le aveva mai notato. Il candore della pelle, interrotto da larghi lividi rosati sul collo e sulle mani, lo colpiva più di ogni altra cosa. In tanti anni non l’aveva mai vista pulita, pensò, sorridendo, senza ombra alcuna di ironia.
“Che significa: neanche io?“ indagò il maresciallo, guardando preoccupato la suora. “qualcuno è già venuto a trovarla; intendo dire oltre il Cavalier Rondolotto“?
“Qualcuno?” Sorrise Suor Maria Vittoria, “Che il Signore mi perdoni, direi che ‘qualcuno’ non è l’espressone giusta Maresciallo. L’espressione giusta è: processione. Abbiamo avuto una vera processione, qui, da ieri sera.“
Il Maresciallo sollevò entrambe le sopracciglia. La questione era sul punto di complicarsi, lo sapeva, lo sentiva; lo percepiva quasi, con l’istinto allenato dello sbirro e con quello, altrettanto levigato, del marito di una moglie curiosa e molto conosciuta a Moncalieri.
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Questa storia è arrivata fino a me, attraverso mio padre, oltre 30 anni fa, circa 30 anni dopo la morte di Virginia dei Cani. Io ne sono rimasto affascinato e ci ho costruito sopra la mia tesi di laurea, per poi dimenticarla, a lungo, fra le cose da fare e le urgenze del vivere. Poi, all’improvviso, poco tempo fa, non so affatto perché, Virginia è tornata da me con la sua storia e una nuova urgenza di farsi raccontare. E ho deciso di raccontarla qui, su Masticadores, perchè è una storia che, come questa pagina, attraversa molti luoghi e molti confini, coinvolge persone e ambienti diversi; è una storia di quelle che attraversandoci la vita lasciano un segno e non è semplice capire il perché.
La storia continua; prossimamente il terzo appuntamento





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