L’immagine di Marilyn rimane legata al ruolo della bionda svampita in cui è sempre stata confinata, eppure in questo noir vediamo per la prima volta il suo volto nascosto di interprete drammatica, una perfetta femme fatale che sarebbe probabilmente piaciuta a Hitchcock. E nonostante la trama esile del film, che non riesce a farne un capolavoro noir, Marilyn lo rende intrigante, e nobilita con la sua presenza una pellicola che altrimenti sarebbe forse passata inosservata. Le cascate del Niagara, che qui sono protagoniste quanto gli attori, sono degno complemento della bellezza luminosa della diva, e rendono il film spettacolare dal punto di vista visivo.

Sullo sfondo delle famose cascate, in un residence per turisti, si incontrano due coppie molto diverse: da una parte George e Rose, marito e moglie in crisi, che cercano di ritrovare la felicità perduta con una vacanza romantica; dall’altra Polly e Ray, novelli sposi in luna di miele. Ma non tutto è come sembra, e presto lo spettatore scoprirà attraverso Polly cosa si nasconde dietro la vacanza di George e Rose, e quali sono le vere intenzioni di quest’ultima. George è un veterano di guerra caduto in depressione e la moglie, che è più giovane e molto più esuberante del marito, ha ordito un piano per liberarsi di lui, insieme all’amante. Trattandosi di un noir, possiamo star certi che non tutto andrà secondo i piani di Rose.

In questo film Marilyn ha uno dei suoi primi ruoli importanti, e coglie l’occasione per dimostrare il proprio talento, lanciando definitivamente la propria carriera, anche se poi tornerà ai soliti ruoli leggeri, almeno fino a quando Huston non la chiamerà per Gli spostati. Il regista Henry Hathaway le offre tutte le opportunità per mostrare la propria femminilità, esaltandola con abiti particolarmente sensuali, che sottolineano una delle sue caratteristiche più seducenti, l’andatura ancheggiante. Ma qui Marilyn disegna abilmente il personaggio di una donna molto tenace e tutt’altro che stupida, una donna che non esita a usare il suo fascino per mettere gli uomini della sua vita l’uno contro l’altro, e portarli a uccidere per amore.

La coppia formata da lei e Cotten è chiaramente in crisi e nel bel mezzo della loro situazione compaiono all’improvviso Polly e Ray, giovani e ingenui, che in breve tempo diventano spettatori dei conflitti coniugali di George e Rose, e pedine nel gioco di lei. Oltre a Marilyn, che riesce facilmente a rubare ogni scena in cui appare, sono particolarmente intense anche le interpretazioni di Joseph Cotten e Jean Peters. Quest’ultima, in particolare, si contrappone con la sua bellezza semplice e pulita alla sensualità sfacciata di Marilyn, e attraverso il personaggio di Polly rappresenta un po’ la coscienza del film.

Sicuramente non è il miglior film di nessuno dei tre, e neanche del regista, ma tutti si sono impegnati a fondo per tirarne fuori qualcosa di buono. Hathaway ha effettuato numerose riprese direttamente sul posto ed è riuscito a catturare in modo sublime la magia e il fascino oscuro di queste bellissime cascate, facendone un simbolo della passione travolgente che anima i personaggi, e fondendola con la bellezza abbagliante di Marilyn.

La forza impetuosa e indomabile delle cascate rappresenta le passioni umane che non possono mai essere completamente controllate: amore, gelosia, frustrazione e vendetta. Sono queste passioni che sconvolgono le vite dei personaggi, e costituiscono la trama del film. E quando l’ambiente ha un’importanza pari a quella dell’attore, se non addirittura superiore, si viene naturalmente a creare un’atmosfera di fatalità che non lascia spazio alla speranza, e sottolinea l’ineluttabilità di un destino impietoso e amorale, che non risparmia nessuno.

In fondo Niagara è un dramma sugli equilibri di potere che si creano all’interno di ogni relazione: Rose e George chiaramente non sono fatti l’uno per l’altra e il risultato è disastroso, al contrario Polly e Ray hanno un rapporto sano, ed è la dinamica tra le due coppie che conferisce al film profondità. Il personaggio di Marilyn è un cattivo molto complesso, non facile da interpretare: non è la moglie avida e senza scrupoli de La fiamma del peccato, è solo una donna che, nella disperazione, si approfitta delle persone, e lo fa con seducente malizia, ben consapevole dell’effetto che ha sugli uomini. È un peccato che non le sia stato permesso di interpretare più spesso ruoli così impegnativi.

Hathaway sa perfettamente come mantenere alta la tensione e riesce a evitare che il film diventi banale e noioso, anche se non è paragonabile ad altri noir del periodo. Niagara non è solo il primo film in cui Marilyn recita un ruolo drammatico, ma è anche il primo noir girato a colori: a noi può sembrare poco importante, ma per l’epoca il noir era necessariamente legato ai forti contrasti tra bianco e nero, e poteva sembrare folle pensare di ricreare le atmosfere cupe e l’iconico immaginario di quel genere, con i colori sgargianti del Technicolor.

Le storie del noir classico erano ambientate in luoghi che rispecchiavano gli stati d’animo dei loro personaggi: avvolti dal buio della notte, immersi nella nebbia che rappresentava il mistero e bagnati dalla pioggia che evocava tristezza. Il regista Hathaway e il direttore della fotografia Joseph MacDonald dimostrano che anche il Technicolor può fare suspense, può fare azione, può fare dramma, in una parola, può fare noir. E riescono a sfatare contemporaneamente tre miti: le cascate del Niagara come luogo idilliaco di felicità, l’innocenza quasi infantile di Marilyn e il fascino torbido del bianco e nero, come componente irrinunciabile di una storia tragica.
Non è un capolavoro, ma un buon thriller che vale sicuramente la pena recuperare.





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