La piccola Elisabetta

Rapiscono, prima

Quale si trattasse d’una mela,

quando si sono dileguati all’orizzonte

gli schiavi mercenari

ove la razzìa lontana già restava.

Quindi

Pezzo per pezzo, allora

Divoravano, un’infamia giacché

Deciso e ritrattato,

scritto ex novo

punto per punto, poi

ex novo a tavolino

la vittoria hanno in pugno:

per un’invalidità

di carne marcia

come la mia

ho partorito una figlia forse?

Bambina mia,

carne della carne mia

se siccome un medico

il rapimento tuo via da me

ordinato avrebbe,

nell’interesse d’una figlia;

se, come secondo fatto, per la suddetta usanza

lecito fosse dare

una madre naturale

In pasto a cani e porci

anche se solo a malapena anche l’utero

suo in affitto

oppure a malapena addirittura

un figlio già morto prematuramente

un aborto in cambio della virtù sua

mai potrei riaverti più da viva.

Dove sarai?

Che cosa starai facendo?

Mi starai pensando, ormai?

Anche se campassi millant’anni

Io, data per persa e dozzinale,

affidata ad un cognome nuovo

simile a quello ingannevole

come quello che potrebbe avere un uomo

che fosse sempre in agguato,

minaccioso

io, anche se pur sempre tramortita

da una guerra logorante

tra famiglie irriconoscenti

ed assistenti sociali,

educatori,

verrei da te a trovarti,

se non t’avessero rapita e deportata

dove io non so, mai,

davvero.

Forse non vorrei, nemmeno

Se è vero quanto dico:

non posso avvicinarti

secondo questa regola

che ha affermato

che sono troppo instabile

Ed è legge in vigore.

Purtroppo pagherò per le mie colpe,

Rivederti.

ho già pagato intanto,

per questa vita a metà finita

in dote a me restata oggi

lo so, la vita comoda anche mia di prima

non m’apparterrà più,

o non ancora nascerà

non ancora scritta

la viltà dei colpevoli;

sul tavolo dei vinti i vincitori

condiscono il ghiotto bottino frattanto

e il dado tratto

dalla mia carne marcia è

dal 26 settembre 2018

Invalida sulla carta da anni immemori

Vittima del caso

Io sottometto pertanto

all’accusa di questa Musa

di cui ti canterò le lodi

questa menzognera follia,

Che alla ricerca della Giustizia divina mi sono messa da allora,

(tempo immemore già che durerà per secoli fino alla fine dei giorni forieri di vergogna per me e i cari miei)

Nonostante le alquanto precarie

Garanzie in quanto all’essere

ancora sana di mente,

adatta alla vita di famiglia

E come sposa e madre

pretermine quando nascesti tu,

tutto poteva ancora andare bene

poiché quale invalida felice

di sapersi salva ero già stata

di gloria incoronata

e festeggiata ed additata

gioiosamente, quale la più fortunata sposa incinta

da amici e familiari sconosciuti

purtuttavia, che poi abbandonai

per vergognosissimo seguitar

degli eventi del fato sfortunati.

E il marito?

M’ha lasciata tre anni a seguire.

Se comunque pur sempre due volte,

due al mese solamente

tra le braccia tue,

io non sarò più presente, un dì

un dì ancora più non basterà, lo so

sin da allora, già,

quando cominciavano gli incontri

miei protetti insieme a te

nella culla dormivi e

Io ti guardavo,

Così come è anche oggi

E sempre sarà: molto da lontano.

questo sarà stato poi un modo

che questo fato avrà trovato

per vendicarsi della tracotanza oltraggiosa

o del coraggio piuttosto mio

avuto per averti concepita

Avverso all’invidia di qualche divinità ferita.

che si decida insomma
se colpevole io sarei
per averti generata
oppure tracotanza sia invece
verso il pubblico mestiere
la mia oltraggiosa accusa.


[ BlogLink : Supera ]

2 risposte a “Separate alla nascita by Elena Ferrari”

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