Nero del Ghana, questo il suo nome e cognome, quello vero non lo so, non me l’ha mai detto.
Nemmeno lui conosce il mio, ogni volta che gli allungo una moneta sorride e mi ringrazia così:
“Grazie zio”
Se ne sta lì nell’atrio del supermercato malamente seduto non sulle panche ma sui cordoli bassi che riparano i muri dai carrelli.
Nero del Ghana è minuscolo, magro, rispettoso, giovane non lo è più, non sollecita l’elemosina, sei tu che lo devi vedere, tuttavia taluni clienti hanno manifestato il loro disappunto perché quella presenza li disturba; il supermercato, fortunatamente, sino ad ora, è stato meritevolmente tollerante.
Domenica mattina lo ritrovo lì accucciato, lo saluto, gli allungo la moneta ma questa volta non mi sorride e mi ringrazia così:
“Grazie papà”
poi si alza di scatto, sembra confuso, mi dice:
“Ritorno al mio paese”
è triste
“Dove?”
gli chiedo
“Ghana”
poi prosegue
“Mio papà telefonato, detto tornare”
“Torni in famiglia?”
“Si dalle mie tre figlie… mio papà detto che un pomodoro sempre c’è… qui male… io basta dormire in giro”.
Barcolla e la precarietà del corpo è specchio della sua vita.
Scopro così che Nero del Ghana, in apparenza un disadattato, che per un soldo mi chiama “Papà” è un padre che voleva cambiare la vita delle sue figlie e non ci è riuscito… mi si stringe il cuore.
Si risiede, io m’infilo fra gli scaffali ma non trovo quel che cerco, poco dopo ritorno da lui e vedo sul suo viso l’amaro della sconfitta, gli do una banconota.
“Grazie papà”
ripete
“Mangia mi raccomando”
gli dico, lo saluto, poi provo a sorridergli, ma appena fuori piango…
Torna dalle tue figlie Padre buono del Ghana e di loro che noi non
ce l’abbiamo fatta.
[ BlogLink : Teresio Bianchessi ]





Lascia un commento