Per chi è nato negli anni ‘60 e ’70 del secolo scorso giocare con soldatini era una delle attività preferite, da soli o in compagnia di qualche amico.
I soldatini di plastica erano venduti confezionati in scatole oppure in sacchetti trasparenti, alti qualche centimetro e tutti verdi… i bambini più appassionati e “precisini” li coloravano pazientemente con un pennellino, ma ai più bastava quello che già c’era per accendere la fantasia e mettere in scena guerre epiche.
Erano battaglie già combattute più volte, piene di spari e cannonate, di morti e feriti, erano quelle che avremmo voluto combattere da grandi, sempre dalla parte dei vincitori, dei buoni, senza renderci conto che, in realtà, mettevamo in scena i conflitti che avvenivano dentro di noi, in un’infanzia per alcuni versi spensierata ma per altri complessa, in un mondo da costruire che era soprattutto il nostro mondo interno, che piano piano prendeva forma.
Oggi con i soldatini non ci giochiamo più, sono probabilmente relegati nei nostri ricordi o nei cassetti di un vecchio comodino, ma rimangono, quelli sì, i conflitti interni vissuti nella loro complessità, poiché ci siamo resi conto che in noi si combattono sia i “buoni” che i “cattivi” e che non esistono confini tra i due schieramenti perché entrambi ci appartengono.
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