Penso di non aver mai visto la sua vera faccia, quella dove di solito è attaccata la pelle. Sono sicura però, di avere guardato negli occhi tutte le sue maschere e in ognuna di esse, letto qualche emozione. Un accenno di verità e sentimento misto alla paura, fatta di sconfitta e perplessità. Un piatto ricco cucinato con mani sapienti, quelle che sanno sempre la dose giusta del sale nell’ acqua della pasta e mischiano sempre le stesse spezie. Sempre quelle giuste.

Le facce si cambiano come si alternano i giorni e poi i mesi. Lasci scorrere il tempo e ci vivi dentro come quando guardi un volto coperto. Sai quello da cui si nasconde ma ti basta pensare a quello che rappresenta.

Così ho fatto pure io, portando la mia anima dritta in un cimitero desolato, spezzando una croce a cui non avevo mai dato fede.

Sono i simboli a non avere significato ed il loro potere è poggiato tra le mani di chi dona ad essi un senso.


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[ Immagine in evidenza : Fotografia di Luisa Carducci ]

2 risposte a “Luisa Carducci – Conforme”

  1. I simboli sono storici; conoscono nella loro vita semiotica un massimo di percorrenza, – poi passano di mano in mano, di piede in piede, come scarpe il cui significato – più che mutare, stante la loro intrinseca staticità – viene eroso parzialmente nel primitivo senso. Il segreto che li conserva è la continuità di bioma, di contesto sociale, di ragione emotiva o di rappresaglia di senso, la permanenza del primo portatore di scarpe – se non del ciabattino originario. Tutto questo perché in realtà il simbolo vuol mediare, contenere più cose e più livelli, l’immagine, il suono, la svolta tra due vie; scegliere contenendole le facce da guardare ed interpellare, le parti da elicitare, quelle da escludere. Vuole mostrare che il picchettaggio di pensiero è già avvenuto, che altri han sintetizzato ed astratto al posto nostro. – ora basta applicare la regola.

    E serve da picchetto per chi pensa la strada : veramente, imboccarlo mentalmente non serve a molto – semmai a capire la situazione – mentre imboccarlo di fatto implica il riconoscere nell’oggettivo un referente che ne venga rappresentato.

    Non è una sorpresa scoprire che altri leggono il simbolo altrimenti – ed è questa la vera ragione per cui a molti pare inutile e vuoto, che pongono sul tavolo una sputacchiera, nella speranza di svilirlo e sostituirlo. Ma il simbolo non è (solo) un oggetto che si pesa e che si misura: eccolo che sfugge e, prestato, contiene un irriducibile altro, che concilia per il comodo porco di qualche altro, che mangia altro, legge altro, piscia in altro modo e, be’, il sospetto è forte….votava già allora in modo non uguale.

    Itala Calvina

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  2. In tempi lontani discutendo sulle falsità di allora un carissimo amico sentenziò: “Teresio, l’importante è sembrare”.

    Allora la maschera è un falso, quindi,  quel che sta dietro non può essere vero!

    Certo, è proprio così e siamo colpevoli anche noi e lei lo dice bene: “…Sai quello da cui si nasconde ma ti basta pensare a quello che rappresenta…”

    Solo quando “facciata e il dentro” coincidono perfettamente arriva la serenità del vivere.

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