Il primo Sanremo che ho seguito per intero e con emozione è stato quello del 2016.

Mio padre era morto da una settimana quando gli Stadio sono stati proclamati vincitori con Un giorno mi dirai, canzone che esprime le difficoltà di un padre a dire alla propria figlia quanto amore e quanta paura ci sono nel suo cuore.

Ovviamente ho pianto tantissimo. Un pianto nuovo e omnicomprensivo. Piangevo con tutto, gli occhi, le mani, il petto, la voce, le gambe, lo stomaco. Non lo dimenticherò mai.

Lì è nata, però, la mia passione per Sanremo e già l’anno dopo avevamo creato il gruppo di ascolto, io e qualche amica, gruppo che ancora esiste e che in quella settimana santa è più attivo che mai.

Nella mia testa la canzone era un messaggio per me, il fatto che avesse vinto proprio quella canzone in quella edizione, non so, poteva non essere stato casuale.

O forse avevo solo bisogno di lasciarmi andare a questo spettacolo molto italiano, questo carrozzone di falsità messe in bella mostra e verità nascoste malamente.

Fatto sta che la settimana di Sanremo per me è la più esaltante dell’anno, dopo i due mesi più tristi, e magari proprio questo accostamento ne è la ragione.

Sono pronta, anche quest’anno, a dare del mio meglio e del mio peggio e mi aspetto che Sanremo faccia lo stesso.

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