Palestina nonostante è il diario di un viaggio compiuto da Emanuela Crosetti, giornalista freelance e fotografa, nei territori occupati della Cisgiordania prima del 7 ottobre 2023. Da sola, con il passaporto italiano e un’auto con targa israeliana, si addentra nei Territori con l’intento di conoscere le persone e documentare il loro modo di vivere sotto l’occupazione, nei limiti e nelle ristrettezze che questa comporta. Il viaggio tocca Betlemme, Al Khakil, meglio conosciuta da noi occidentali come Hebron, Ramallah, Nablus, Jenin, Jericho, Gerusalemme. Tutte queste città e le strade che portano dall’una all’altra sono sotto l’occupazione israeliana, che si manifesta innanzitutto con una serie infinita di check point, con muri di delimitazione, con la presenza costante di militari e poliziotti, con incursioni aeree, spari, scaramucce varie che molto spesso lasciano sul terreno feriti e qualche morto. Come vivono i palestinesi questa situazione? O meglio, come la vivevano prima del 7 ottobre, quando le cose hanno subito una brusca accelerazione?

Emanuela Crosetti nel suo diario di viaggio mette in evidenza alcuni aspetti della vita palestinese. Una vita, come dice il titolo del libro, nonostante. Sebbene abusata e a me non troppo gradita, una delle parole chiave è senz’altro resilienza. I palestinesi della Cisgiordania si sono adattati a vivere sotto occupazione: questo non vuol dire che la accettino, ma che cercano di mantenere la propria identità, le proprie attività tradizionali, la propria curiosità e gioia di vivere anche nella difficile situazione in cui si trovano. Gli infiniti ostacoli alla vita quotidiana li sopportano con pazienza e un filo di ironia, sul muro di separazione attaccano manifesti e disegnano murales, nelle case cercano di mantenere standard di vita confortevoli, ai pochi ospiti riserbano un trattamento che dire generoso è dir poco.

Un’altra caratteristica importante è la curiosità: verso Emanuela, una tra i pochissimi occidentali che riescono a penetrare all’interno delle città isolate e dei vicoli, ragazzi, bambini, donne, anziani, tutti mostrano interesse, la invitano a casa, le raccontano le loro storie, le fanno assaggiare i cibi tradizionali. L’estraneo, lo straniero, che noi ci siamo abituati a vedere con sospetto, per loro è fonte di novità, di freschezza, è occasione di confronto e di ospitalità. E l’ospitalità orientale è proverbiale.

La resilienza sarebbe dimezzata se non fosse accompagnata dalla resistenza: resistono, tra mille difficoltà, le attività tradizionali che Emanuela visita una dopo l’altra: il laboratorio di ceramiche, la vetreria, il saponificio, la fabbrica per la lavorazione del tabacco, mercati, panetterie, ristoranti. C’è anche una fabbrica dove si producono le autentiche kefiah palestinesi. Non è facile mantenere in vita queste attività date le restrizioni cui sono soggette, ma gli abitanti ce la mettono tutta per continuare a lavorare e a produrre.

Infine, la non violenza. Siamo abituati a considerare i palestinesi un popolo che usa la violenza, magari perché costretto a farlo, ma la principale caratteristica di questo vivere in Palestina nonostante è qualcosa che potremmo chiamare resistenza passiva o non violenta. Di fronte al tentativo di cancellare la loro stessa esistenza, gli abitanti della Cisgiordania oppongono la loro quotidianità, che portano avanti pur tra mille difficoltà, l’accoglienza, il sorriso, l’ironia, la costanza con cui difendono la loro cultura e le loro conoscenze, con cui cercano di sopravvivere pure in una condizione di oppressione, senza rinunciare alla loro identità.

La domanda che nasce spontanea, conclusa la lettura di questo reportage tanto ricco di informazioni quanto suggestivo per la capacità linguistica e descrittiva rivelata dall’autrice, è: tutto ciò, questa vita difficile e irta di ostacoli, pericolosa, costantemente sotto minaccia, che cosa è diventata oggi? E gli abitanti di quei territori saranno riusciti a conservare quel sorriso  quell’accoglienza, quella capacità di resistere all’oppressione che ci ha incantato e commosso attraverso le pagine di Emanuela Crosetti?

Una replica a “Palestina nonostante, di Emanuela Crosetti. (Exorma, 2024)”

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