È stata tra le poche attrici dell’intera storia del cinema, certamente la prima tra le italiane, a essere celebrata in tutto il mondo come un autentico mito, un talento unico, una personalità ricca di straripante carica vitale e un incomparabile modello d’umanità, il cui ricordo rimane vivido nonostante il trascorrere dei decenni. Come tutti gli artisti dotati in misura straordinaria, e per questo difficilmente classificabili, faticò ad affermarsi nel mondo dello spettacolo. Fu considerata inadatta al cinema dei telefoni bianchi, che esaltava un modello di donna frivolo, bella ma superficiale, a causa dei tratti marcati del suo viso, la popolaresca esuberanza e l’espressione intensa del suo sguardo; per questo motivo divenne un’artista di fama internazionale soltanto alla vigilia dei quarant’anni.

Anna nasce a Roma il 7 marzo 1908, da una diciottenne nubile, una piccola sartina originaria di Fano, che si trasferì presto in Egitto, lasciando la bambina alla propria madre. Da qui la leggenda, forse costruita da qualche agenzia di stampa, che fosse venuta al mondo in quella lontana terra africana. Voce smentita con forza da lei dopo che divenne regina incontrastata del neorealismo italiano. L’attrice non seppe mai chi era suo padre e fu allevata dalla nonna e da cinque zie nubili.

Talento naturale ma non improvvisato, Anna aveva frequentato il liceo, studiato otto anni il pianoforte al conservatorio di Santa Cecilia e due anni alla Scuola d’Arte Drammatica Eleonora Duse sfociata poi nell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica. Nonostante i successi ottenuti in teatro e nella rivista, tardò ad approdare al cinema, anche dopo aver sposato il regista Goffredo Alessandrini nel 1935, che la riteneva inadatta al cinema, e le offrì solo piccoli ruoli marginali.

Negli anni ’40 recitò sempre in piccoli ruoli accanto a Vittorio De Sica, Amedeo Nazzari, Aldo Fabrizi e Paolo Stoppa, mentre riscuoteva grande successo con Totò in teatro. La guerra volgeva al termine e Roma era occupata dalle truppe tedesche. Per evitare di essere richiamati a Salò, molti artisti romani inventarono impegni che li costringessero nella capitale: la Magnani recitò così nel bizzarro Quartetto pazzo (1945), con Rina Morelli e ancora Paolo Stoppa. Il film successivo, Roma città aperta, tra le più alte espressioni del Neorealismo, di nuovo accanto ad Aldo Fabrizi, impose finalmente il suo nome in tutto il mondo, oltre a farle vincere un Nastro d’argento come migliore attrice non protagonista, ma soprattutto le fece incontrare il regista Roberto Rossellini, con il quale visse un febbrile sodalizio artistico e sentimentale.

Finalmente cominciò a ottenere ottime proposte anche dal cinema. Nel 1946, infatti, fu accanto ad Amedeo Nazzari ne Il bandito di Alberto Lattuada, in cui diede vita a un personaggio drammatico, quello dell’avventuriera Lydia, ma riscosse anche un buon successo di pubblico con il ruolo comico di una fruttivendola arricchita in Abbasso la ricchezza, accanto a Vittorio De Sica. Continuando ad alternare interpretazioni brillanti a ruoli tragici, s’impose neL’onorevole Angelina (1947) di Luigi Zampa, in cui è una popolana che rivendica il diritto dei borgatari a una vita dignitosa, e in Assunta Spina (1948) dal dramma omonimo di Salvatore Di Giacomo, già portato sullo schermo da Francesca Bertini nel 1915.

Vinse quindi un Nastro d’argento come migliore attrice protagonista per L’amore (1948) di Rossellini, composto di due episodi. Questo film segnò la fine del suo connubio con Rossellini che, innamorato di Ingrid Bergman, volle dirigere l’attrice svedese nel film Stromboli ‒ Terra di Dio (1950). Impulsivamente, quasi a mettersi in gara con la rivale, la Magnani accettò di recitare in Vulcano (1950), dando vita a quella che la stampa chiamò la ‘guerra dei vulcani’, ma il film risultò un fiacco melodramma che non poté competere con il capolavoro di Rossellini, anche se entrambi alla fine furono clamorosi insuccessi al botteghino. (Sul triangolo Magnani – Rossellini – Bergman: Scene da un incontro)

Con Bellissima (1951) di Luchino Visconti, la Magnani offrì una delle sue più toccanti interpretazioni, disegnando, nel ruolo di una popolana che si batte perché la figlia diventi attrice cinematografica, un vero inno all’amore materno ferito, ma anche ostinato e fiero, che le valse un altro Nastro d’argento. Visconti aveva pensato a lei per il suo Ossessione (1943), ma l’attrice dovette rinunciare alla parte perché in attesa di un figlio, l’amatissimo Luca avuto dall’attore Massimo Serato, con cui aveva avuto una relazione e che di fronte alla gravidanza la lasciò immediatamente.

Chiamata a Hollywood, affiancò Burt Lancaster ne La rosa tatuata (1955), nel ruolo di una vedova italiana emigrata in Florida, ottenendo con l’Oscar la definitiva consacrazione a livello internazionale. Fu la prima attrice italiana a venire premiata con l’Oscar. Tornò a Hollywood per recitare in Selvaggio è il vento (1957) accanto ad Anthony Quinn. Il successivo Nella città l’inferno (1959) di Renato Castellani, in cui impersonò un’aggressiva e corrotta detenuta, le causò qualche amarezza per la malignità della stampa italiana che la contrapponeva come esponente della ‘vecchia generazione’ a Giulietta Masina, altra interprete del film.

Negli Stati Uniti recitò invece in Pelle di serpente (1960) di Sidney Lumet, in cui formò con Marlon Brando una coppia di forte impatto erotico, ma i critici stroncarono il film; non riscosse alcun successo neanche Risate di gioia (1960) di Mario Monicelli, in cui ritrovò Totò, l’amatissimo partner dei tempi dell’avanspettacolo. Come accade comunemente ad artisti di eccezionale temperamento, la Magnani era sempre più grande dei suoi film, talvolta irrisolti o convenzionali. Fu Pier Paolo Pasolini a offrirle un personaggio forte, indimenticabile, tagliato sulla sua statura mitica: quello di una matura prostituta che tenta di cambiar vita, in Mamma Roma (1962).

Ritiratasi dal cinema dopo alcune esperienze deludenti, si lasciò convincere dal produttore, sceneggiatore e regista Alfredo Giannetti ad affrontare nel 1971 quattro film per la televisione, imperniati su altrettante figure di donna in varie epoche della storia d’Italia. Elaborando personaggi simili ai tanti già interpretati per il grande schermo, la Magnani ripercorse le tappe della sua carriera in un mirabile compendio, che ebbe quasi la valenza di un testamento morale, e offrì ancora eccellenti prove d’attrice.

Per chiudere degnamente il suo Roma (1972), Federico Fellini insistette per averla, come simbolo stesso della Città eterna, in una fulminea apparizione notturna, a conclusione della quale con un emozionante “Nun me fido…” Anna si congeda dal suo pubblico, prima di sparire nel buio, dietro il portone di un antico palazzo. Fu questa la sua ultima, grande prova. Anna Magnani ci lascia definitivamente, sconfitta da un tumore al pancreas, il 26 settembre 1973, a 65 anni, assistita dal figlio Luca e da Roberto Rossellini, al quale si era riavvicinata dopo la sua separazione da Ingrid Bergman.

Suso Cecchi d’Amico, sceneggiatrice di molti suoi film e amica intima di Anna, parlando di lei aveva detto: «Come si fa a definire il suo fascino? Non era bella, spesso cupa come il suo cane lupo color dell’ebano. Aveva sempre le occhiaie, un colorito terreo e i capelli neri come non si può immaginare, della consistenza di una matassa di seta pesante. Le gambe erano magre e leggermente storte, era piccolina e forte di fianchi. Aveva però un décolleté splendido, come pure lo erano le mani e i piedi. Dovunque entrasse, e in scena, non guardavi altri che lei».
Una donna travolgente e conosciuta ovunque. Yuri Gagarin, dal suo primo volo intorno alla terra nel 1961, la citò davanti al mondo intero: «Saluto la fraternità degli uomini, il mondo delle arti e Anna Magnani». Bette Davis, che non era certo tenera con le colleghe, di lei disse: «Anna Magnani è la più grande attrice di oggi, l’unica che si possa avvicinare a Greta Garbo».

«Avevo un tale bisogno di essere amata che facevo di tutto per farmi amare, e credo di essere diventata attrice per questo: per ricevere tutto l’amore che avevo mendicato nella vita»
FONTI: Enciclopedia del cinema, Treccani – enciclopediadelledonne.it – elle.com





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