C’è qualcosa di magico nelle cose del mondo che si ripetono, nei cicli che si ripresentano, come quelli della luna e delle donne.
La notte che insegue il giorno, la sveglia che gracchia inviperita, i libri cominciati e mai terminati che si impilano sul comodino. I litigi feroci che si risolvono con uno sguardo di complicità, un mesto “mi dispiace” o una formale stretta di mano. 𝑀𝑎𝑚𝑚𝑎, ℎ𝑜 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜 𝑙’𝑎𝑒𝑟𝑒𝑜! e 𝑈𝑛𝑎 𝑝𝑜𝑙𝑡𝑟𝑜𝑛𝑎 𝑝𝑒𝑟 𝑑𝑢𝑒 dal primo dicembre al sei gennaio. Gli arcobaleni che abbracciano la pioggia, la spia della benzina che lampeggia festosa, i grembiuli bianchi con le macchie indelebili. I mendicanti con la mano tesa, il ragazzo insistente, col borsone nero in spalla, che vende calzini e cerotti. L’uomo che vuole a tutti i costi rifilarmi la rosa mentre sono a cena al ristorante. I conti correnti a secco, il “non ho niente da mettere” con gli armadi zeppi, il “Mamma, andiamo al parchetto?” con il vestito lindo e pinto della domenica. Le luci di Natale, le vacanze al mare, gli acquazzoni improcrastinabili quando è il momento di uscire. Emilio che ogni mattina vuole offrirmi il caffè. Il jingle storico “profumo d’intesa” canticchiata con mio fratello ogni volta che mamma pronuncia la parola malizia.
C’è qualcosa di magico, di inspiegabile in tutte quelle cose che mi fanno esclamare “Lo sapevo!”, in tutte quelle cose che mi aspetto.

E anche in quelle che non mi aspetto. Per esempio, nei raggi di sole temerari che filtrano attraverso le nubi strette come in schieramento antisommossa.
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