Nota: Questo articolo è un misto di sottile ironia e di diversi fatti veri: J. re. Crivello è epilettico, ha 70 anni e i cyborg esistono già. Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta su Mundiario il 31 gennaio 2017.

A 8 anni mi è stata diagnosticata l’epilessia. Prendevo tre pillole al giorno fino a un mese fa, quando sono stato operato e mi è stata installata una sottile placca che somministra il farmaco e mi monitora costantemente. Non sono più epilettico; ora sono un cyborg che si è dimenticato delle pillole. –J. re. Crivello

Tutto è iniziato cinque anni fa, nel 2017, quando ho letto una dichiarazione che diceva: “Non possiamo estrarre 10.000 cavi dal sensore. Ecco perché la strategia è il multiplexing: acquisire sequenzialmente le informazioni dai canali, uno dopo l’altro, ad alta velocità”. (2) Quell’anno li chiamai al telefono e aspettai pazientemente che il loro sviluppo tecnologico si impiantasse in me. Nella mia vita reale, non è un cambiamento enorme, ma l’impianto mi permette di monitorare e stimolare, ma anche di misurare l’attività chimica o rilasciare farmaci, e include anche la possibilità di parlare al mio computer portatile dal mio cervello.

Sono il primo scrittore a dettare al suo computer portatile l’articolo che pubblicherà su Masticadores en tarde. Noi cyborg siamo come il nostro primo padre, Neil Harbisson, che nel 2011 dichiarò di essere diventato un cyborg quando smise di percepire la differenza tra il suo cervello e il software: “Non è l’unione tra l’antenna e la mia testa che mi rende un cyborg, ma l’unione tra il software e il mio cervello”. (1)

All’epoca, Harbisson affermò che la sua professione era la colorologia e applicò il suo sesto senso all’arte, da cui deriva la sua affermazione più controversa: non siamo né bianchi né neri, siamo arancioni (2), poiché il suo occhio impiantato leggeva i colori e li trasformava in note musicali. Quest’anno, noi cyborg siamo già migliaia. Ricordo ancora quando nel 2017 tenevo un corso di filosofia a cinque sedicenni, e nessuno di loro aveva mai sentito parlare di questa tecnica. Oggi sono solo uno di loro, forse il più anziano, e il mio chip di silicio è quasi invisibile. Con esso comunichiamo, un club di amanti, nella transizione da un’epoca in cui la coscienza, ora inserita tra il corpo fisico e la cibernetica, sarà trasferita a un mezzo completamente non biologico.

Scusa… Ho appena ricevuto un messaggio: “Ti mando il manoscritto della mia visita alla Cattedrale di Barcellona. È un altro cyborg; l’ha visitata qualche giorno fa e, con il suo sesto senso, l’ha filmata e misurata la qualità dell’aria. Con esso, faremo uno studio sui microclimi delle cattedrali. A 70 anni, sono rinato: scrivo più di prima e la mia vita digitale aumenta la mia capacità di riflessione.”

Se vuoi, fai domanda e diventa un Cyborg.

3 risposte a “Il futuro —01: Ho 70 anni e sono un Cyborg”

  1. Signor Ré, quando ha scritto aveva 66 anni, giusto?

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  2. Ma come sono standardizzati, burocratizzati, interfacciati al medicinale questi ciborgs!

    La metaforizzazione fantasociale li indirizza al vertice, in fondo restano un aggregato

    di tensioni elettriche tendenti alla fusione nel piatto cibernetico orwelliano.

    Un tempo si sarebbe forse subodorata una manovra di sostituzione del pensiero

    critico…oggi ad indicare così nettamente esiterei…

    probabilmente già Lenin possedeva un microchip alieno…mentre lo stesso Gesù agiva

    un poco da infiltrato, lateralmente, conscio di un’astuzia cosmica….

    Silvia G

    Piace a 1 persona

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