Il loro grido è la mia voce è un verso del poeta palestinese Haidar al-Ghazali ed è stato scelto come titolo per questa antologia, pubblicata da Fazi, che raccoglie testi di poete e poeti palestinesi, molti di loro viventi, alcuni morti. Oltre ai testi poetici, il libro contiene alcuni brevi saggi, di Ilan Pappé, Chris Hedges, Susan Abulhava. Non è un libro facile da leggere. I testi sono scarni, spesso crudi, parlano della vita e della morte a Gaza in questi ultimi anni, raccontano senza mezze parole l’orrore, esprimono la volontà indomita di resistere, di testimoniare, di non farsi distruggere e di mantenere a tutti i costi un filo di speranza. Alcuni testi sono lunghi, altri brevissimi. Non riesco a commentarli, posso solo trascrivere alcuni stralci.
Posso scrivere una poesia
Con il sangue che sgorga,
con le lacrime, con la polvere nel mio petto,
con i denti della ruspa, con le membra smembrate…
dice Yousef Elqedra.
Scriverò
dalle tenebre delle caverne
forse potrò resuscitare il fiore del mattino
perché la poesia
è come il filo delle spade
come il tuono del cielo…
scrive Dareen Tatour.
La notte della città è buia, tranne che per il bagliore dei razzi,
silenziosa tranne che per il suono dei bombardamenti,
spaventosa tranne che per la serenità della preghiera, nera tranne che per la luce dei martiri.
Buonanotte, Gaza.
Questo breve testo è stato scritto da Heba Abu Nada, fa parte di una sorta di diario poetico che questa ragazza nata nel 1991 ha tenuto nell’ottobre 2023. Il testo che ho riportato ha la data dell’8 ottobre. Heba è morta il 20 ottobre, a Khan Yunis, sotto un bombardamento israeliano.
Non è facile leggere questo libro. Leggetelo, se potete.





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